Lettori e lettrici de La Parola ai Libri
ricorre un anniversario molto importante e che pone all’attenzione una serie di riflessione cui è doveroso cercare di trovare un’argomentazione: dieci anni da quando Roberto Saviano pubblicò Gomorra. Continuate a leggere l’articolo…
«Dopo dieci anni di vita sotto scorta non racconti più la tua quotidianità perché in fondo la vera domanda è: come mai non sei ancora morto?»
“Gomorra, viaggio nell’impero economico e nel segno di dominio della camorra” è un romanzo, scritto sulla base di esperienze vissute, fortemente accusatorio nei confronti delle attività del “Sistema”: un’organizzazione affaristica con ramificazioni su tutto il pianeta, la cui forza negli anni, è stata sempre quella di godere del silenzio, di essere secante alla grande attenzione mediatica, ma di rimanerne ai margini.
Gomorra ha scosso l’opinione pubblica nazionale e internazionale e a distanza di dieci anni è incredibile quanto molto e poco (insieme) sia cambiato. La denuncia del libro è stata forte, chiara, pericolosa. Con esso si è fatto luce sui segreti della camorra, sui complicati equilibri di queste organizzazioni, basandosi sugli atti processuali e sulle testimonianze raccolte per la strada, un testo scottante e scomodo, un libro che ha fatto conoscere Roberto Saviano in tutto il mondo, e che lo ha costretto poi a dover vivere da “prigioniero del suo coraggio”, perché dieci anni fa, subito dopo la pubblicazione di Gomorra le minacce non si sono fatte attendere, minacce palesi e definitive, dirette e per nulla celate o frutto di estrapolazione da interecettazioni, no, le parole sono state: “Sulla tua testa c’è una condanna a morte”. Da allora, Roberto vive sotto scorta, con tutto ciò che questo comporta. Non è un libero cittadino, è quasi un latitante egli stesso come i boss da lui descritti nel libro, dieci anni di esilio, di coraggio, ma anche di sofferenza, perchè non manca ancora oggi chi punta il dito e con goffa stupidità dubita della posizione di Saviano, dichiarando stoltamente: “Se la camorra lo avesse voluto uccidere, lo avrebbe fatto, quindi com’è che è ancora vivo?”. Ci rendiamo conto della gravità di queste affermazioni? Si ha credibilità solo se si muore?
Il 2006 ha segnato il successo e la notorietà per Roberto Saviano, ma ha anche comportanto un sacrificio umano di difficile comprensione per alcuni. Aveva 26 anni e oltre a cambiare per sempre il rapporto tra letteratura e realtà, oltre a mutare la percezione del racconto della camorra, ha cambiato la vita del suo autore. Alla luce degli anni trascorsi, non avrebbe fatto diversamente da quello che è stato, ma sicuramente si sarebbe esposto meno. Era inespattato tutto il vortice cui si è ritrovato intricato, inaspettato e impensabile.
«Dopo dieci anni di vita sotto scorta ci si è talmente abituati ad associare il mio nome a parole come “morte” e “minacce” che non genera più scandalo alcuno il pensiero che uno scrittore possa vivere sotto protezione per aver scritto un libro.»
Mi indigna ascoltare chi punta il dito su Roberto Saviano per dire che attraverso il suo libro, il film e le serie cui si sono ispirate poi, la criminalità è cresciuta, “prende esempio”, o che chi gravita vicino a questa realtà, emula o può emulare. E’ ridicolo. Come giustamente sottolineava Saviano stesso a Che tempo che fa da Fabio Fazio, come può essere vero? Allora, tutto quello che si è scritto mettendo in evidenza il bene, i valori giusti e nobili, come la bontà, l’onestà, perchè non hanno reso tutti quanti persone buone, oneste, giuste?
“L’Italia odia chi nomina il male”
Accusare chi il male lo denuncia, lo racconta, e non chi il male lo fa! Un paradosso che difficilmente si comprende o si può accettare.
“Spesso mi si chiede come possano le parole mettere paura alle organizzazioni criminali. In verita ciò che spaventa non sono le parole, ma chi le legge, chi le ascolta. A fare paura sono i lettori che hanno voglia di capire i meccanismi.”
Quei lettori che sono anche la forza, il sostegno di Roberto Saviano, che difendono i libri, la loro potenza narrativa che si specchia con il reale. Quei lettori che staranno sempre dalla parte di chi il male lo racconta e lo denuncia.
“La volontà di trovare l’oblio, e con l’oblio la normalità, si frantuma davanti al desiderio, più forte di ogni altra cosa, di scrivere e raccontare per sempre. Scrivere e raccontare. Perché l’unica fiducia che ancora conservo è nelle persone. Tutte quelle persone che sono disponibili all’ascolto e al ragionamento. Tutte quelle persone che non cercano scorciatoie, che sanno quanto sia tortuosa la vita e complicato capire, informarsi, mostrarsi aperti, eppure non abbandonano l’attitudine all’accoglienza. Non ho alcuna fiducia, invece, nelle istituzioni, di nessun tipo. Mi è molto dispiaciuto divenire in questi anni una sorta di simbolo, perché non mi riconosco in nient’altro che nel racconto della realtà e sento molto più vicini a me i sognatori della Repubblica Partenopea di qualunque sindaco, ministro o magistrato del mio tempo.”
2006 – 2016. Una nuova edizione del bestseller internazionale, che ha venduto milioni e milioni di copie.
Una novità importante è incisa per mano di Roberto Saviano, che con una prefazione sentita e fluida, mette a nudo se stesso, rivelandoci chi è Roberto Saviano, con la sola e unica prova che rietiene doverosa offrire ai lettori: la sincerità. Ed è proprio con questo valore che Saviano dichiara che Gomorra gli ha tolto tutto, tutto, e gli ha dato un ruolo, una conoscenza, perché non immaginava che il mondo fosse “così schifoso”, intriso di meschinità e malaffare e gli ha dato
“la potenza della letteratura. Quando vedo i miei lettori, i loro occhi, sento che sono la cosa più pericolosa che possa esistere contro ogni forma di potere. I loro occhi, il loro discutere a cena, il loro parlare ai figli, il loro condividere.”
“Io credo che la letteratura sia proprio questo in fondo: dare il valore alle cose prima di perderle”.