RECENSIONE: “Foglie cadute”, di Wilkie Collins (Fazi Editore)

È in libreria per Fazi Editore,
Foglie cadute” di Wilkie Collins,
e in questo articolo vi propongo la mia recensione.



SCHEDA TECNICA

Autore: Wilkie Collins
Titolo: Foglie cadute
Collana: Le strade
Numero Collana: 400
Pagine: 480
Codice isbn: 9788893255936
Prezzo in libreria: € 18,00
Codice isbn Epub: 9788876256653
Prezzo E-Book: € 9.99
Data Pubblicazione: 29-08-2019


TRAMA

Amelius Goldenheart viene esiliato dalla Comunità Cristiana di Tadmor, nell’Illinois, a causa della relazione illecita con una donna più matura. Una volta giunto a Londra, al ricordo del mondo ideale dove Amelius è cresciuto e ha coltivato i suoi valori si contrappone una realtà fatta di persone senza scrupoli, fra cui spicca John Farnaby, ricchissimo e disonesto uomo d’affari. Farnaby ha preso in adozione una nipote nel tentativo di consolare la moglie, affranta per la scomparsa di sua figlia, smarrita tra le strade di Londra sedici anni prima. All’ingenuo Goldenheart basterà un solo sguardo per innamorarsi perdutamente della ragazza, anche se il loro amore verrà ostacolato dalla famiglia, che cercherà a ogni costo di tenere lontani i due giovani. Intanto Amelius, fedele a una promessa fatta alla triste signora Farnaby, si impegna a ritrovare la fanciulla smarrita della coppia. La ricerca della giovane porterà quest’uomo dall’animo candido, compassionevole per natura e capace di ispirare grande fiducia nelle donne, a perdersi per le vie della città spingendosi fin nei bassifondi. Il romanzo si snoda così in un’avvincente trama fitta di eventi e colpi di scena, che Collins dipana con l’impareggiabile abilità di sempre, rappresentando con accuratezza, e non senza una buona dose di humour, la società vittoriana del tempo.
Un romanzo dall’architettura perfetta, in cui i punti di vista dei protagonisti si alternano in maniera esemplare grazie all’abilità dello scrittore, considerato ormai un grande classico della narrativa inglese.


RECENSIONE

“Ah, povero me! Un’altra Foglia Caduta!”. Sapevo a chi si riferiva. Quelli che fanno solo buchi nella lotteria della vita, quelli che hanno sgobbato tanto per raggiungere la felicità e non hanno raccolto che dispiaceri e delusioni, quelli soli e senza amici, feriti e smarriti: sono queste le persone che il nostro buon Anziano chiama Foglie Cadute. Piace anche a me quel modo di dire. E’ una maniera garbata per riferirsi alle creature infelici del mondo.

Non so come io abbia fatto a non leggere prima di adesso Wilkie Collins. Conoscevo di fama questo prolifico scrittore vittoriano, periodo storico verso il quale nutro particolare inclinazione ed interesse, e difatti, nel tempo, ho acquistato diversi suoi romanzi, aspettando il “momento giusto” per iniziare a leggerli. Mi affascinava da tempo questa figura letteraria considerata “il padre del genere poliziesco”, avvocato che non ha mai praticato la professione per cui ha studiato, ma che si è servito delle sue conoscenze nel campo per costruire romanzi memorabili.

“Foglie cadute” è stato un sorprendente punto di partenza per la mia esperienza di lettrice. Mi è piaciuto anche più di quanto mi aspettassi. Collins ha dimostrato di essere abilissimo nel tessere la prosa, nell’intensificare gradualmente l’intreccio, nell’evidenziare il divario esistente tra ricchezza e povertà, virtù e vizi, sentimenti ed interessi, nel presentare una fetta di società dissoluta e superficiale da una parte contro una fetta di società integra e nobile (di valori) dall’altra. Una storia che non si smette di leggere se non per arrivare alla conclusione, perché coinvolti nelle vicende e curiosi di scoprire quale forma prenderanno gli eventi narrati, nonostante una voluta (secondo me) reale assenza di suspence, in cui il lettore, in diversi momenti, è portato ad essere edotto prima del protagonista su ciò che accadrà. Nonostante questo, ed ecco la forza a mio avviso, il romanzo intrattiene a dovere e mantiene su di sé l’attenzione.

Partiamo dal protagonista, Claude Amelius Goldenhearth (credo che perfino il cognome non possa che essere emblematico) è un giovane di ventuno anni, cresciuto in una comunità di cristiani socialisti a Tadmor, nell’Illinois, comunità che fonda le proprie regole di vita sui principi del Nuovo Testamento

ma non alla lettera. (…) E’ nello spirito stesso del libro che troviamo i criteri religiosi e morali più semplici e perfetti che l’umanità abbia mai ricevuto, e questo ci basta. Onorare Dio e amare il prossimo come se stessi.

Lo incontriamo nell’anno 1872 su una nave, Aquila, salpata dall’America e diretta in Inghilterra, con l’intenzione di dirigersi a Londra per conoscere la vita, a seguito della decisione di allontanamento da parte della comunità nei suoi confronti, dovuta ad una relazione avuta con una donna adulta. La sola vita di cui abbia cognizione è quella che si conduce a Tadmor, un ambiente tanto piccolo quanto lontano dal resto del mondo, per stile di vita, condotta, regole di convivenza e valori. Ingenuo, impulsivo, compassionevole per natura, idealista ed inesperto, dovrà far fronte a situazioni avulse alle sue abitudini, comprendere l’ipocrisia della società benestante inglese, incentrata più sulle apparenze e sul materialismo che sui buoni sentimenti. Verrebbe da supporre, quasi con malizia, che Amelius abbia l’innamoramento facile, perché una volta giunto a Londra e recatosi, dietro lettera di presentazione, presso l’abitazione di un uomo che grazie alla rettitudine e alla perseveranza , da semplice inserviente in un negozio è diventato una delle personalità di spicco nelle attività commerciali della City di Londra, tal John Farnaby, si innamora, nell’attimo stesso in cui la vede, di Regina, nipote dell’uomo, adottata come figlia per cercare di consolare la signora Emma Farnaby, che ha subito, sedici anni prima, la perdita di sua figlia, rapita mentre dormiva in braccio alla balia. Proprio la signora Farnaby, con sorprendente moto di carattere, rivelandosi per nulla remissiva, ma tenace e risoluta, costringerà Amelius ad aiutarla nella ricerca della figlia scomparsa, opponendosi alla sua unione con Regina, legame osteggiato anche dal marito, per ragioni (ovviamente) puramente economiche. Il lettore già sa quanto privo di scrupoli sia il signor Farnaby, e attende che anche Amelius se ne renda conto.

A questi primi accadimenti, ne seguiranno altri che investiranno il protagonista di dinamicità, portandolo a toccare con mano ogni aspetto e luogo della città, fino ad arrivare anche a scontrarsi, non senza conseguenze, con la zona più malfamata, sporca e miserabile del paese, dove però, paradossalmente, viene fuori la più caritatevole delle generosità, quella dei poveri verso altri poveri, il compimento profondo dell’espressione dei valori cristiani; e la vista di quella miseria, il senso di impotenza che investe Amelius, lo toccano talmente nel profondo da fargli iniziare a comprendere il contrasto netto e spietato che sussiste tra la parte borghese e la parte povera della società.

Qui la gente offriva uno spettacolo meno tremendo, quasi commovente da vedere. Erano i poveri che, pazientemente, compravano bocconi caldi di cuore e fegato di agnello a un penny l’oncia, insieme a piccole miserabili porzioni di pasticcio di piselli, ortaggi e patate a mezzo penny l’una. (…) Nessuno scatto di d’impazienza, nessun lamento. In questo luogo disgraziato, si sentiva ancora il linguaggio della vera riconoscenza, nel “grazie” al cuoco generoso per una cucchiaiata di intingolo in più aggiunta gratuitamente; e sempre qui, la carità dimessa che aveva solo un mezzo penny da spendere lo regalava alla povertà più assoluta, e con buona volontà.

Seguendo una trama che, pagina dopo pagina, si infittisce di eventi, di attese, di rivelazioni e non troppo inaspettati colpi di scena (per noi lettori, non per i protagonisti), Amelius viene quasi intaccato, per un momento, dall’ambiente deplorevole in cui vive, per poi espiare “la colpa”, acquisendo nuove consapevolezze, attraverso l’esperienza, maturando e rendendosi conto che è oggettivamente molto difficile incarnare i buoni principi nei quali è cresciuto, dibattendosi, e non poco, sul perché, ad esempio, la sua amata non scelga il suo amore, abbandonando tutto, invece di restare legata ad una famiglia che la priva della felicità, in nome del denaro (noi lettori, chiaramente, le risposte le maturiamo molto prima di lui), e come mai un’anima miserevole e in disgrazia possa essere felice nello stare accanto a lui, anche senza dire nulla, restando solo a guardarlo.

Foglie cadute è un romanzo di forte, fortissima denuncia sociale, di una denuncia aspra (anche se elegantemente presentata dallo stile spesso ironico che le circostanze narrative richiedono) a quella ipocrisia (neanche tanto velata) della società vittoriana, al sistema governativo inglese, alle Istituzioni religiose perfino, alla politica. Denuncia il divario terribile tra i ricchi e i poveri, che si concretizza nella disparità di mezzi e opportunità, come ad esempio nell’istruzione. Temi imponenti, sapientemente collocati nell’ambito della narrazione e che non rendono pesante la lettura, proprio per il talento di Collins nel saper calibrare le forze in atto, attraverso una rotazione dei punti di vista, con calcolati colpi di scena, costruendo questo romanzo come un architetto (come viene descritto nella trama), lasciando al lettore il compito di decidere da quale parte stare, per chi nutrire empatia, per chi provare irritazione e disprezzo, verso chi essere indulgente.

Vi dirò, io non ho risparmiato quasi nessuno dei personaggi da esclamazioni ad alta voce, nemmeno Amelius!
Ma questa è, per me, una prova ulteriore del fatto che Wilkie Collins mi ha conquistata, completamente. Non vedo l’ora di leggere tutti i suoi romanzi che sono stati pubblicati in Italia (da Fazi) e di riporli accanto a quelli di Thomas Hardy (gesto che ha una valenza straordinaria!).

In ultimo, ma non certo per importanza, ho apprezzato moltissimo le numerose valutazioni controcorrente rispetto all’epoca in cui sono state concepite e scritte, che emergono in punti sparsi della trama, spunti di riflessione per nulla poco moderni, al contrario, come ad esempio il momento in cui viene spiegata la ragione dell’allontanamento da Tadmor (causa relazione con una donna più grande di lui, una foglia caduta),

Laddove è un uomo di quarant’anni a desiderare una giovane donna di ventuno, resta tutto nell’ordine naturale delle cose. Gli uomini hanno deciso così. Ma perché le donne debbano rinunciare tanto tempo prima degli uomini è una questione sulla quale da molto tempo desidero sentire il parere delle donne stesse.


Lettura, in conclusione, che consiglio moltissimo: fatemi sapere se lo leggerete o se avete letto altri romanzi di questo scrittore, consigliandomi, eventualmente, i vostri preferiti.


ALLA PROSSIMA RECENSIONE