TRAMA
L’Italia è appena uscita dalla guerra. A Casette d’Ete, un borgo sperduto dell’entroterra marchigiano, la vita è scandita da albe silenziose e da tramonti che nessuno vede perché a quell’ora sono tutti nei laboratori ad attaccare suole, togliere chiodi, passare il mastice. A cucire scarpe.Annetta e Giuliana sono sorelle: tanto è eccentrica e spavalda la maggiore – capelli alla maschietta e rossetti vistosi, una che fiuta sempre l’occasione giusta – quanto è acerba e inesperta la minore, timorosa di uscire allo scoperto e allo stesso tempo inquieta come un cucciolo che scalpita nella tana, in attesa di scoprire il mondo. Nonostante siano così diverse, l’amore che le unisce è viscerale. A metterlo a dura prova però è Valentino: non supera il metro e sessantacinque, ha profondi occhi scuri e non si lascia mai intimidire. Attirato dall’esplosività di Annetta, finisce per innamorarsi e sposare Giuliana. Insieme si lanciano nell’industria calzaturiera, dirigendo una fabbrica destinata ad avere sempre più successo. Dopo anni, nonostante la guerra silenziosa tra Annetta e Giuliana continui, le due sorelle non sono mai riuscite a mettere a tacere la forza del loro legame, che urla e aggredisce lo stomaco.In queste pagine che scorrono veloci come solo nei migliori romanzi, Giulia Ciarapica ci apre le porte di una comunità della provincia profonda: tra quelle colline si combatte per il riscatto e tutti lottano per un futuro diverso. Non sanno dove li porterà, ma hanno bisogno di credere e di andare.
RECENSIONE
Ho tenuto in serbo questo romanzo per molto tempo. È sempre stato sul mio comodino, fin da quando l’ho acquistato, ma ho deciso di non leggerlo subito, ho voluto custodirlo, riservargli un momento speciale e tutto suo. Non doveva essere una lettura spinta dalla tendenza del momento, ma una vera e propria lettura sentita, una di quelle che ti aspettano, lasciano sedimentare il desiderio di scoprirle e che poi ti chiamano. E si rivelano un dono.
Una volta è abbastanza è uno di quei romanzi capaci di coinvolgerti talmente tanto e talmente in profondità da farti sentire nudo al cospetto del tuo cuore, così potente da farti entrare in simbiosi con tutto ciò che fa parte di lui, storia, luogo, personaggi. Si realizza una intimità così delicata e, allo stesso tempo, così caparbiamente tenace, da non lasciare più il lettore. A distanza di giorni, io ho ancora nelle narici il profumo dei fiori dei campi (uno vale l’altro), l’odore penetrante dei laboratori dei vari calzaturifici di Casette d’Ete, sento il rumore onnisciente del fiume, si, proprio di quel fiume, testimone impotente, il chiacchiericcio delle signore per strada, il silenzio interrotto solo dalle macchine da cucire. Resta tutto. Tutto è qui, dentro di me, come se fosse anche la mia storia. Come se anch’io fossi in qualche modo, parte della storia.
Non ho solo amato questo romanzo. L’ho vissuto. E mi ha salvata.
Quando un lettore afferma che un libro lo ha salvato, non sta utilizzando un eufemismo già sentito e fine a se stesso. Vi sta dicendo la verità.
Le pagine mi hanno accolta nel tipico abbraccio di chi ti è sempre accanto in un momento difficile.
Non stiamo vivendo una situazione facile, lo sappiamo. Ognuno cerca riparo in una passione, ognuno prova a distrarsi come può, ognuno tenta di investire le proprie energie in qualcosa che possa aiutarlo. Io contavo di leggere più del solito. Invece, la scarsa concentrazione mi faceva iniziare una lettura per poi abbandonarla, cominciarne un’altra per poi riporla nuovamente. Ed eccolo lì, il temutissimo blocco del lettore. Paradossale, mi sono detta. Proprio ora doveva arrivare? È stato in questo frangente di sconforto che Una volta è abbastanza mi ha salvata. Mi è bastato intercettarlo sul comodino per sentire quella speciale stretta allo stomaco, ad indicare che non ero più sola, che dovevo lasciarmi trascinare tra le sue pagine.
Se mi sono soffermata tanto sull’aspetto emotivo che questa lettura ha smosso c’è una ragione. Credo non ci sia un altro modo per raccontare questa esperienza se non quello di sottolinearne il segno quasi viscerale che mi ha lasciato. Spero abbiate occasione di leggerlo ed emozionarvi a vostra volta.
La famiglia è tutto ciò che la vita ci ha dato per metterci alla prova. E imparare a resistere.
Di cosa parla il romanzo? Di famiglia, piccoli, grandi conflitti familiari, riconciliazioni altrettanto travolgenti, di rapporti e relazioni, di legami tra sorelle, tra fratelli, tra genitori e figli, di lavoro, quello fatto di fatica, dedizione e sacrificio, di radici, quelle intersecate al luogo di nascita, di destino, il destino che ci sceglie e quello che, un po’, viene scelto.
Come già saprete, questo è il primo volume di una trilogia ambientata in un piccolo borgo delle Marche, Casette d’Ete, luogo natale della sua autrice, Giulia Ciarapica. Se è vero che il fulcro centrale è rappresentato da due sorelle, Annetta e Giuliana, per personalità e carattere diametralmente agli antipodi, è altrettanto vero che ogni personaggio della storia, anche secondario, è dotato di uno straordinario spessore. E ci sono altre storie che si intrecciano alla principale come un unico flusso di memoria e racconto. Storie di rivalità, gelosie, ingiustizia, malasanità, di voglia di riscatto e rivalsa, ma anche di amicizia e amore.
L’Italia del 1945, liberata e riunificata, si trova ad affrontare i problemi e le incognite di un dopoguerra difficile. È l’Italia della Resistenza, della Liberazione e dei partigiani, ma è anche l’Italia della fame e della disoccupazione. A Cassette d’Ete il riflesso della nazione sconfitta e ancora non del tutto arbitra del proprio destino si rispecchia nei piccoli drammi quotidiani, nella miseria che assume sempre nuove forme e colori, immutata e immutabile; la stessa miseria che costringe gli abitanti a reinventarsi giorno dopo giorno, notte dopo notte.
La cornice storica è quella dell’immediato dopoguerra e il romanzo copre l’arco temporale di un ventennio, sostanzialmente. Il ritmo della narrazione è scandito dagli anni che passano, dall’esperienza che aggiunge rughe sul viso e calli alle mani, dalla tenacia e dalla volontà di reinventarsi, rischiare per costruire un futuro, perché è al futuro che si guarda. È il futuro che si insegue.
Nel 1945, Anna Betelli, per tutti semplicemente Annetta, ha ventitré anni e la vita vuole prenderla a morsi. Non ha paura di niente e di nessuno, è uno spirito libero, ama la moda, indossa sempre il rossetto e porta i capelli alla maschiaccio.
Lei è spavalda come sa esserlo chi è profondamente innamorato di sé.
È fidanzata con Valentino Verdini, Valentí de focaracciu, un anno più grande, non particolarmente alto né bello, ma carismatico e affascinante, che è appena tornato dalla guerra. Si erano promessi di aspettarsi, ma Annetta non si è fatta molti scrupoli nel guardarsi attorno e distrarsi con altri uomini. Il filo che li lega è diventato sottile, è così consunto che sta per spezzarsi. Lui lo sa, lei lo sa. Valentino la lascia e ognuno va per la sua strada.
Giuliana, è la sorella minore di Annetta,
Acerba e inesperta, timorosa di uscire allo scoperto e allo stesso tempo inquieta come un cucciolo che scalpita nella tana, in attesa del mondo.
Se ad Annetta il giudizio della gente non fa né caldo né freddo, per Giuliana sarà sempre motivo di sollecita preoccupazione. Nonostante le differenti personalità, le due sono unite da un legame profondo, per quanto contraddittorio. Quando Giuliana e Valentino si innamorano e decidono di sposarsi, il rapporto tra le due sorelle subisce un arresto, qualcosa si rompe e le due non si parlano più per anni, e ne trascorreranno altrettanti prima di rivederle una di fronte all’altra. Annetta cova rabbia, rancore, si sente tradita da sua sorella; anche se non gli era stata fedele, Valentino era affare mio.
Seguiremo, quindi, l’evolversi di questi rapporti, di questi scontri e di tutte le parole non dette o dette a metà, come tra Valentino e suo fratello Gigio, proveremo tanto affetto per Rita, una ragazza povera che lavora come cuoca e donna delle pulizie presso la famiglia benestante del paese, i Bigini, e si innamora del rampollo di casa, Mario, ricambiata, fino a che non verranno scoperti e…
Valentino e Giuliana, ormai famiglia, apriranno un loro piccolo laboratorio in cui realizzano dapprima mocassini e scarpe fatte alla bene e meglio, per poi lanciarsi in sfide sempre maggiori e, per i tempi e i rischi, azzardate, coraggiose: scarpe per bambini e scarpe da bebè, che nessuno nei dintorni realizzava. Si ingrandiscono fino alla nascita della rinomata fabbrica Valens negli anni ’60.
Perché non la chiami Valens? È latino, vuol dire “che vale, qualcosa che ha valore”.
E niente valeva di più di quella fabbrica, niente valeva di più di quello che avrebbe rappresentato: l’amore, la fatica, la creatività, la passione, il sacrificio. In una parola, il futuro. Ancora e sempre lui, il futuro.
Una volta è abbastanza é un libro autentico e potente, come una carezza, come uno schiaffo. Come un abbraccio atteso a lungo.
La scelta di inserire il dialetto è stata arguta, perché ha conferito maggiore realismo ad un romanzo già perfetto.
La sensibilità, l’orgoglio, l’amore di Giulia Ciarapica nei confronti del suo territorio, per coloro che hanno segnato una parte importante della storia di questi luoghi, e il fortissimo legame alle sue radici mi ha travolta, intenerita, commossa, coinvolta completamente. Le tante accorate immagini che ci propone attraverso la sua prosa pulita e musicale sono inequivocabilmente suggestive da una parte e incredibilmente traboccanti fierezza dall’altra, nella loro poetica chiarezza, anche quando parla di un paese spietato, maledetto fino alle radici più profonde della terra, che ogni tanto rabbrividisce e fa sobbalzare le case, ma è anche l’unico paese in cui si vorrebbe tornare ancora prima di partire.
I casettari sono riconoscenti alle albe silenziose, ai tramonti che nessuno vede perché a quell’ora sono ancora chiusi nei laboratori ad attaccare suole, togliere chiodi, passare il mastice e cucire; tutti sono riconoscenti a quella veste ombrosa che il paese conserva e di cui non vuole liberarsi, perché rispecchia il volto della fatica, del sonno pesante, del temporale che allaga le vie. Una terra che trema e che non si dà pace, dura come la paura, forte come la vita.
Questa è la storia della famiglia di Giulia Ciarapica, dei suoi nonni materni; l’intimità di questa sfera privata e personale potrebbe farci sentire invadenti, e invece no, Giulia non fa mai provare disagio al lettore, al contrario, gli spalanca la porta per accoglierlo con calore e confidenza. Se andate sul suo blog troverete una sezione fotografica dei personaggi del romanzo, dei laboratori calzaturifici di Casette d’Ete e dei posti salienti del romanzo. E fatelo ascoltando la colonna sonora del libro, mi raccomando, (“Unsteady”, X Ambassadors), renderà ancora più emozionante e partecipato questo viaggio.
Leggere Una volta è abbastanza è come sollevare il coperchio di un baule e scoprire i ricordi di un passato che non ha smesso di fare rumore, che palpita ancora, forte, prepotente come il destino e i suoi inganni, i suoi sgambetti e le sue sorprese, che riesce a fare ritornare al presente figure che la vita l’hanno saputa vivere fino in fondo, che il destino lo hanno costruito rimboccandosi le maniche e sacrificandosi e che ci fanno comprendere il significato della citazione con cui il romanzo si apre,
Si vive una volta sola. Ma se lo fai bene, una volta è abbastanza. (Mae West)
Lasciatevi cullare dallo stile magnetico di Giulia Ciarapica, dalla prosa scorrevole, mai banale, così intensa e partecipata. Lasciatevi travolgere dalle emozioni, con trasporto e commozione. Lasciatevi invadere dalla forza e dal desiderio di vita che trasuda dalle pagine, dalle descrizioni così vivide da farvi sentire in quei luoghi. Lasciate che la storia si aggrappi a voi, e che imprima il segno del suo passaggio. In ultimo, lasciatevi togliere il fiato dal finale…
Perché resta solo quel che conta, e conta soltanto ciò che resta. Al di là di tutto. Nonostante tutto.
Penso sia chiaro a tutti quanto abbia amato questa lettura. Attendo con impazienza il secondo volume della saga. Non vedo l’ora di ritornare a Casette d’Ete e sapere cosa è successo a… e sapere.
Punto.