RECENSIONE: “Le disavventure di Amos Barton”, di George Eliot (Fazi Editore)

Lettori e lettrici de La Parola ai Libri,

l’articolo di oggi è dedicato a
Le disavventure di Amos Barton
di George Eliot,
pubblicato da Fazi Editore,
che ringrazio per la copia omaggio.


Autore: George Eliot; Titolo: Le disavventure di Amos Barton; Casa editrice: Fazi Editore; Collana: Le strade; Traduzione: Francesca Frigerio; Pagine: 126; Prezzo: € 15,00: Codice isbn:9788893256742; Data di pubblicazione: 21/11/2019

TRAMA

«Tutti i parrocchiani erano dispiaciuti per la sua partenza; non che qualcuno di loro considerasse straordinarie le sue doti spirituali, o avvertisse che il suo ministero fosse molto edificante. Ma le sue recenti traversie avevano ispirato i loro migliori sentimenti, il che è sempre una fonte d’amore. Amos non era riuscito a far scattare la molla della bontà con i propri sermoni, ma ci era riuscito concretamente con il proprio dolore; e ora c’era un legame vero tra lui e il suo gregge».

Amos Barton è il nuovo parroco della chiesa di Shepperton, una cittadina della provincia inglese. Il reverendo è un uomo mite che cerca in ogni modo di far rispettare i dettami della Chiesa anglicana ai membri della sua comunità, ma il suo carisma inesistente, unito a una certa goffaggine, fa sì che non sia molto amato dai suoi concittadini. Inoltre la parrocchia di cui si occupa non è sufficiente al mantenimento della sua famiglia, che può tirare avanti solo grazie al caritatevole prodigarsi di qualche parrocchiano e all’instancabile Milly, la moglie del curato, che ha totalmente immolato la sua vita al bene del marito e dei sei figli. La situazione si complica ulteriormente quando la contessa Caroline Czerlaski si installa a casa Barton, portando con sé mille pretese e neppure un centesimo, suscitando disappunto in Milly e una morbosa curiosità in tutta la comunità di Shepperton. L’intera vita di Amos Barton trascorre fra continue cadute e momentanee risalite, fino all’arrivo della notizia peggiore di tutte, che lo farà precipitare nello sconforto, ma vedrà finalmente i parrocchiani stringersi intorno a lui, nonostante incarni «la quintessenza concentrata della mediocrità».

Primo dei tre romanzi brevi che compongono Scene di vita clericale, raccolta che ha fatto da modello alla letteratura realista inglese, Le disavventure di Amos Barton è una vivida raffigurazione della vita rurale inglese dell’Ottocento, che racconta gli effetti della riforma religiosa attraverso lo sguardo ingenuo di un reverendo di provincia. Opera prima di una delle più importanti scrittrici britanniche, alla sua uscita ebbe un grande successo, generando l’interesse per l’identità dell’autore e portando così allo scoperto la scrittrice Mary Anne Evans.


RECENSIONE

George Eliot è lo pseudonimo maschile utilizzato da Mary Anne Evans, una delle più importanti scrittrici inglesi dell‘epoca vittoriana. Come per altri autrici donne (ad esempio, le sorelle Bronte), anche per Mary Anne fu necessario ricorrere ad un nome maschile, quindi nascondere la sua identità, affinché le sue opere venissero prese sul serio, senza preconcetti, e per non esporle ad un giudizio malevolo, malizioso e compromesso, in quanto compagna di un uomo sposato.

Le disavventure di Amos Barton è un romanzo breve, il primo di tre totali che compongono Scene di vita clericale (1858),  l’opera prima di una scrittrice che si affermerà per il suo indiscutibile talento. Il libro ebbe notevole favore, tanto da destare molta curiosità nei confronti del suo autore, fino a portare allo scoperto la donna che si celava dietro il nome George Eliot.

Il reverendo Amos Barton, le cui tristi vicende mi sono impegnato a riferire, non era in alcun modo, lo capite, un personaggio esemplare o eccezionale, e forse sto osando troppo nell’invocare la vostra partecipazione alla causa di un uomo che era tutto fuorché straordinario, un uomo le cui qualità non erano eroiche, e che non aveva peccati celati nel cuore; attorno al quale non aleggiava nessun mistero, ma che era chiaramente e inequivocabilmente ordinario; che non era nemmeno innamorato, ma che aveva sofferto di quel felice disturbo molti anni prima.

Amos Barton ha quarant’anni, moglie e sei figli, più un altro in arrivo. E’ il parroco di Shepperton, e percepisce un compenso estremamente esiguo. Ciò nonostante, data la sua posizione, la carica di reverendo, è tenuto a mostrarsi ben vestito, curato, e con lui, anche tutta la sua famiglia, proprio per dare la consueta parvenza di distinzione che ci si aspetta dalla Chiesa. Non sa quello che pensano davvero di lui i suoi parrocchiani, tutte le critiche mosse alle sue spalle, ignora come gli altri lo vedono e percepiscono, un uomo mediocre, sprovvisto di quelle capacità e di quelle qualità necessarie ad un parroco: il carisma, l’oratoria, l’acume. Tra le disavventure che capitano a Barton, una davvero ingombrante sarà quella di ospitare un personaggio, altrettanto aspramente giudicato dai parrocchiani, la contessa Caroline Czerlaski, quando ad attenderlo è un avvenimento che, per quanto prevedibile ai nostri occhi, procura molta tristezza per la portata.


La lettura di questo libro è stata interessante e proficua, per diverse ragioni.

Ero molto curiosa di scoprire da dove avesse iniziato George Eliot, carpirne lo stile, le intenzioni, la qualità narrativa.

La trama, di per sé, potrebbe apparire scarna, se non fosse che nell’atto di svilupparla, essa riveli uno stile chiaro, ironico, attento al contesto sociale-religioso in cui si svolge l’azione, una prosa cristallina e carezzevole, che scorre con rapida piacevolezza. Uno stile di emblematico stampo realista, con il quale si sottopone al lettore uno scorcio della vita quotidiana di un parroco di provincia, Amos Barton, con tutto ciò che implica la sua condizione e la sua personalità.

Ho apprezzato molto l’impostazione scelta, con il narratore che adopera un carattere colloquiale, a più riprese, si rivolge direttamente al lettore, coinvolgendolo attivamente, partendo con l’introdurci nella storia attraverso l’esposizione dei cambiamenti avvenuti nella Chiesa, prendendo a modello quella di Shepperton, sottolineando con quanta nostalgia, egli, stia volgendo lì il suo sguardo.

Credo che questo breve romanzo non ambisca ad essere un capolavoro in termini di trama e colpi di scena, quanto una esplicita prova della bravura dell’autrice. George Eliot dimostra di essere abile nel dipingere minuziosamente, con poche pennellate, personaggi, contesto e avvenimenti. In alcuni punti le descrizioni risultano quasi ridondanti, a voler sottolineare un preciso stato, come accade nel presentarci Milly, Mrs Barton, la moglie devota alla famiglia, bella, buona, gentile e generosa.

Il focus della narrazione si concentra dapprima sulla vita quotidiana di Amos Barton per poi spostarsi su un altro piano, parallelo, sullo sfondo ma ben centrato, quello che si registra nelle proprietà dei suoi concittadini, i luoghi dove si palesano le critiche e i pettegolezzi. Emerge, senza fronzoli, quanto il giudizio delle persone fosse severo, superficiale, facile. Un esempio è dato dalle cattiverie espresse contro la contessa Czerlaski, solo perché molto appariscente, a loro avviso vanitosa. E ciò accade perché

Le distinzioni sottili richiedono fatica. È molto più facile dire che una cosa è nera, piuttosto che distinguere quella particolare sfumatura di marrone, blu o verde che ha in realtà. È molto più facile mettersi in testa che il nostro vicino è un buono a nulla, piuttosto che prendere in considerazione tutte le circostanze che vi obbligherebbero a modificare ma vostra opinione. 

Se dicessi che il libro mi ha impressionata a dismisura, mentirei. La trama è estremamente semplice, tuttavia offre diversi punti di riflessione ed analisi, non di poco conto. Il finale, seppure si possa intuire, non priva di commozione e partecipazione. Mi ha toccato il cuore con la tenerezza spontanea che scaturisce in determinate circostanze.


Ne consiglio la lettura agli estimatori dei classici e a chi ha avuto modo di leggere già altre opere di George Eliot, perché sicuramente potrà offrire loro ulteriori elementi di studio e apprezzamento sullo stile dell’autrice.


ALLA PROSSIMA RECENSIONE