TRAMA
Alexandra Ludd, attrice e donna affermata, è appena rimasta vedova. Il marito Ned, un critico teatrale molto in vista, è morto inaspettatamente a causa di un infarto nella loro bella casa di campagna, mentre lei si trovava a Londra. Fino a quel momento il rapporto tra i due sembrava felice e privo di ombre, e ora Alexandra è sconvolta, ma una serie di strani dettagli la obbliga a porsi delle domande: accenni di indizi e mezze parole nel giro di pochi giorni si concretizzano in una verità che sovverte ogni sua convinzione in quanto donna, madre e artista. Una rivelazione dopo l’altra, la protagonista giunge alla definitiva presa di coscienza: le sue amicizie erano false, tutte le sue peggiori paure avevano un fondamento, Ned aveva una vita parallela di cui lei era totalmente all’oscuro.
Un libro estremo, esagerato, sostenuto da una scrittura che si muove con sicurezza sul sottile discrimine fra tragedia e ironia e che, attimo per attimo, sembra seguire, più che costruire, il passaggio della protagonista dall’umiliazione alla vendetta.
Le peggiori paure spiazza e coinvolge il lettore, tenendolo avvinto fino all’ultima pagina in un crescendo di colpi di scena in cui la complicità e le competizioni femminili sono messe a nudo in un continuo confronto di incomunicabilità con il fragile, ambiguo universo maschile.
Il miglior romanzo di Fay Weldon, l’autrice inglese più anticonformista, irriverente, corrosiva di sempre, Le peggiori paure è una feroce riflessione sulla natura del matrimonio.
RECENSIONE
La trama di questo romanzo mi ha intrigata subito, così come la fama della sua autrice. Fay Weldon (Franklin Birkinshaw Weldon) è una delle maggiori scrittrici britanniche viventi e i suoi libri hanno ottenuto sempre riscontri favorevoli. Dichiaratamente femminista, nel suo lavoro ha spesso trattato di tematiche inerenti al patriarcato e scritto di donne intrappolate in questa struttura così oppressiva.
Mi sono avvicinata alla storia con atteggiamento guardingo e cauto, quasi timoroso, ma curiosa di constatare cosa avessero in serbo per me le pagine. Non mi aspettavo che la trama potesse tenermi incollata così tanto, risucchiandomi fino al punto di leggere il libro tutto d’un fiato. Di aspetti da evidenziare ce ne sono molti, a partire dai personaggi per proseguire con le emozioni che mi ha fatto provare che, seppure non proprio piacevoli, hanno sortito l’effetto che si intendeva provocare nel lettore, a mio avviso.
Alexandra Ludd, attrice affermata e donna indipendente, dopo dodici anni di matrimonio con un critico teatrale di nome Ned, resta vedova. Suo marito viene stroncato da un infarto nella loro casa di campagna, mentre lei è a Londra per lavoro. Il lutto la lascia sgomenta, sospesa, incapace di realizzare effettivamente la perdita dell’uomo amato e che, a sua volta, l’amava. Ma l’amava davvero? Alexandra era sicura di conoscere suo marito, certa del loro rapporto, ma ogni sua convinzione viene, di volta in volta, ribaltata e distrutta. A quanto pare, Ned, ne aveva di scheletri nell’armadio, pesanti come macigni e come abbia fatto a tenerli bene al riparo è difficile spiegarlo. Alexandra, quindi, non fa in tempo a fare i conti con il dolore che è costretta a indagare sulla vita parallela di suo marito, faticando, e non poco, a riconoscerlo nelle rivelazioni che, man mano, salteranno fuori. Chi era davvero Ned Ludd? Dalla negazione dell’evidenza, alle indagini e alla rabbia, dal danno alla beffa, fino all’esplosione di una vendetta che il lettore non può non auspicare.
Il matrimonio è un intreccio terribile, un’osmosi spaventosa. Dovrò imparare di nuovo chi sono.
Fin dalle prime battute del romanzo, il lettore è portato a immagazzinare una serie insidiosa di allusioni fornite dai personaggi che si muovono nella narrazione, per poi elaborarli insieme alla protagonista. La verità sul conto di Ned, sulla dinamica della sua morte, su tutto ciò in cui Alexandra credeva, amicizie comprese, emergono con stucchevole e progressiva freddezza, ogni pagina, un dettaglio nuovo, un pezzo in più da aggiungere al puzzle della realtà nota ai più, ma sconosciuta per la diretta interessata. Viene innescato un meccanismo in bilico tra ironia e tragedia, un meccanismo che straripa di paradossi ai danni di una donna che avanza incespicando, accusando il colpo, continuando a cadere, sconfitta, umiliata, ingannata da chi meno se lo aspettava. Sua è la sconfitta, a quanto pare. Sarà sua anche la vendetta?
Forse le peggiori paure sono le circostanze che inconsciamente portiamo dentro, ma che fatichiamo ad accettare. I dettagli che in un primo momento ci sfuggono, ma che non cancelliamo alla radice e restano a sedimentare dentro di noi in attesa di salire in superficie e metterci con le spalle al muro. Le peggiori paure hanno a che fare con la presa di coscienza, con il capire di essere stati ingannati, manipolati, pugnalati alle spalle. Le peggiori paure. Di credere all’evidenza e accettare la sconfitta. Di dubitare. Di mettere in dubbio se le opinioni che abbiamo su persone e avvenimenti siano realmente nostri oppure il frutto di una combinazione di pensieri, magari influenzati, con la persona che abbiamo accanto. Le peggiori paure sono saldamente correlate a quel che di peggio ci possa capitare, e arrendersi al peggio che ci è capitato.
Sapeva che le definizioni erano un limite e non una spiegazione: che togliendo i molti strati delle opinioni e dei pensieri si giungeva a una solida verità e che, eliminando anche quello strato, si riportava alla luce la pura spugnosità che vi soggiaceva. Alla fine, la verità non la volevi più: volevi solo sapere ciò che era successo.
Fay Weldon ha imbastito una storia forte, cinica, paradossale, crudele, stucchevole. I colpi di scena si susseguono in maniera esasperante, tengono avvinto il lettore al libro e gli fa domandare, con frequenza: e adesso? Cosa succederà ancora?
Alcuni personaggi mi hanno provocato un fastidio indicibile, avrei voluto poter entrare nel libro e dirgliene quattro. Nonostante abbia tentato, come ho scritto ad inizio recensione, di mantenermi quasi estranea e giudicare con obiettività, la rete di inganni, i personaggi che toccano vette di paradossi incredibili e lo stile di scrittura di Fay Weldon mi hanno spiazzata e impedito di restare sulla soglia, entrare nel libro è stato inevitabile.
Il romanzo si legge davvero in un soffio, mi ha lasciata con il forte desiderio di leggere altre opere dell’autrice e con non poche domande crudeli e scomode: siamo sicuri di conoscere le persone che abbiamo accanto? Come possiamo proteggerci dalle menzogne e dai colpi bassi delle persone di cui ci fidiamo?
Nella sua vita un uomo può interpretare molte parti.