RECENSIONE: “Perdersi”, di Elizabeth Jane Howard

Titolo: Perdersi; Autrice: Elizabeth Jane Howard; Casa editrice: Fazi Editore; Traduzione: Sabina Terzini – Manuela Francescon; ISBN: 9788893258289; pp. 416 circa; prezzo € 20,00; Data di pubblicazione: 8/10/2020.

 


TRAMA

Henry è un ultrasessantenne solo e piuttosto male in arnese, che vive sulla barca di una coppia di amici. La sua è stata un’esistenza sfortunata e apparentemente segnata dalla crudeltà delle donne. Lettore e pensatore, è un uomo privo di mezzi, ma non di fascino. Daisy è una drammaturga di successo, anche lei ha superato i sessant’anni e conduce una vita piuttosto solitaria in un piccolo cottage di campagna con giardino che ha da poco acquistato, dove contempla l’enorme vuoto affettivo che nessun uomo ormai riempirà più, nonostante una parte di lei continui a desiderare di essere amata ancora una volta. Quando Henry si offre come giardiniere, all’inizio Daisy è diffidente, ma poi gli consente di insinuarsi pian piano nella sua vita quotidiana: bisognosa com’è di affetto e attenzione, abbocca facilmente al suo amo. La tensione sessuale tra i due cresce in modo graduale, fino a che Daisy ne è obnubilata e non è più in grado di vedere Henry per quello che realmente è, nonostante i suoi amici e sua figlia, perplessi e sospettosi, continuino a metterla in guardia…
In questo nuovo romanzo l’autrice della saga dei Cazalet condivide, seppure in forma romanzata, un’esperienza tragica vissuta in prima persona; Elizabeth Jane Howard si mette a nudo e lo fa con una sincerità e un’umiltà davvero commoventi. Perdersi, ritratto magistrale di un plagio psicologico e scavo profondo dentro una mente malata, è una testimonianza preziosa e conferma, ancora una volta, il suo grande talento nel raccontare.

RECENSIONE

Siamo abituati a pensare che lo shock coincida con la scoperta di qualcosa che non ci aspettavamo, mentre spesso coincide con il venire a galla di certe nostre paure profonde.

Con Perdersi Elizabeth Jane Howard ha confermato la mia opinione sulla sua brillante capacità narrativa fuori dal comune. Ho apprezzato i precedenti romanzi pubblicati della scrittrice, ma questo l’ho amato ancora di più, perché è autentico, sincero, doloroso, sconcertante. La scrittura dell’autrice della saga dei Cazalet è concreta, senza ornamenti superflui; è precisa, lucida e coinvolgente, non teme di sottoporre al lettore la cruda verità, al contrario, è proprio ciò che ricerca, dall’inizio alla fine.

Henry Kent è un uomo privo di scrupoli, un calcolatore, un abile conoscitore delle umane debolezze femminili e se ne serve per raggiungere i suoi scopi. Un manipolatore esperto, pronto a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Vive su una barca da due anni, ovviamente non sua, è privo di mezzi per cui pensa bene di approfittare della richiesta di aiuto dei proprietari di vendere la barca, scoraggiando tutti i possibili acquirenti, in modo da poterci vivere senza costi. Un uomo solo, indigente e con una richiesta di divorzio in atto da parte di sua moglie Hazel. No, il lettore non proverà pena per lui, in nessun momento della lettura, perché fin da subito è messo di fronte alla vera natura di questo sessantenne millantatore. Infatti, proprio perché il sussidio che percepiva era insufficiente per poter vivere dignitosamente, inizia a ordire un piano ben preciso: approfittare di qualcuno, o meglio, delle donne:

Molte notti trascorse a meditare sulla questione mi consentirono di definire le caratteristiche della donna che cercavo: una persona che nella vita avesse affrontato modesti ostacoli e che si accingesse a percorrere in solitudine l’ultima tratta. Sfiorita, ma con i segni evidenti della bellezza di un tempo, doveva conservare un’aura di antico romanticismo.

Una sera nota che un cottage nelle vicinanze è illuminato, e nota soprattutto una macchina costosa parcheggiata fuori. Non ci mette molto a sapere che una signora di Londra lo ha acquistato con l’intento di trasferirsi lì, a Redfearn. Quando la vede la trova bella e si propone come giardiniere. Ha scelto la sua vittima, Daisy Langrish, sessantenne come lui, drammaturga e… non accompagnata. Il pretesto offerto dal lavoro nel giardino dà modo a Henry di invadere completamente la privacy di Daisy, di entrare nel cottage quando lei è via per lavoro con la scusa di occuparsi dei tubi, di arieggiare la casa, ma con l’intento reale di sapere tutto ciò che è possibile della donna e approfittare della sua assenza per vivere lì. Legge le sue lettere, il suo diario, studia ogni mossa per iniziare un corteggiamento, dapprima epistolare mostrandosi attento e formale, per poi gradualmente andare a toccare i punti deboli dell’altra, punti che sa potranno farle aprire pian piano il cuore.

Avrei capito quali erano le cose importanti per lei, i suoi timori e i suoi desideri. In un certo senso, l’avrei conosciuta, e ciò avrebbe reso più facile costruire un legame di intimità attraverso le lettere (…) Dovevo lavorare per abbattere la sua diffidenza.

Daisy è una donna che ha sofferto molto, ha due matrimoni falliti alle spalle e le delusioni hanno compromesso la fiducia da riporre negli uomini. Anche con Henry si mostra molto diffidente all’inizio, ma lui saprà farle abbassare la guardia, riempiendola di attenzioni, intenerendola con la sua storia e il suo passato, stando bene attento alle necessità della donna.

Farsi la reputazione di un uomo premuroso è come vincere un terno al lotto: una volta che le hai convinte, puoi fare praticamente tutto quello che vuoi.

Un vero e proprio stratega che segue con impressionante lucidità tutte le tappe necessarie per far cadere Daisy nella sua trappola fatta di bugie e inganni, riuscendo a farle credere qualsiasi cosa. Ma quanto tempo può restare attaccata una maschera su un viso? Prima o poi tutti finiscono per mostrare ciò che sono realmente, e con quali conseguenze?


Ancora una volta, Elizabeth Jane Howard inserisce aspetti biografici in un suo romanzo. La vicenda qui raccontata magistralmente, infatti, riprende un’esperienza da lei vissuta e scriverne è stato catartico, come afferma la sua editor Jane Wood. In un passaggio della biografia di Artemis Cooper, Elizabeth Jane Howard. Un’innocenza pericolosa (Fazi Editore, 2017), sempre Jane Wood dice: “Non ricordo un rivivere con angoscia gli eventi che ispirarono il romanzo: piuttosto fu la sensazione di liberarsene.” 

Forse è anche per questo che riesce a ricostruire la storia di un plagio psicologico con una minuzia di dettagli sopraffina, non limitandosi a presentarci il carnefice e la vittima, ma raccontandoci chi sono, cosa hanno vissuto nelle loro vite, cosa sta accadendo nel presente, cosa succede nella mente di quel carnefice, come reagisce la vittima e quali sono le conseguenze che dovrà subire. Parlavo di concretezza di scrittura, sia per quanto riguarda lo stile sia per quanto riguarda lo stato d’animo da suscitare nel lettore, per farlo riflettere e tanto su come si comporta un impostore, quali sono i passi che segue, i meccanismi che fa scattare uno alla volta da quando punta una preda a quando ce l’ha in pugno. Abbatte diffidenza e distacco, conquista la sua fiducia attraverso premure e attenzione, mettendo al centro di tutto quella persona, facendosi passare per una vittima incompresa, discriminata, inventando storie su ciò che ha passato per indurre l’altro alla pietà… magari finendo per credere alle sue stesse menzogne.

Queste persone non solo raccontano bugie a tutti quelli che incontrano, ma le raccontano anche a se stessi, e con successo. Per gran parte del tempo vivono in un autoinganno, in un deserto di fandonie. Il loro mondo è fatto di miraggi.

Offrendoci il punto di vista di entrambi, l’autrice ci mette in una condizione di consapevolezza. Non ci aspettiamo il colpo di scena eclatante (anche se un efficace cambio di ritmo arriverà improvvisamente) o una fulminea redenzione, perché l’autrice ci fa capire che una persona così spregevole, che ha condotto una vita altrettanto spregevole, non potrà mai cambiare, non si fermerà, andrà sempre alla ricerca di una nuova vittima da raggirare. E nonostante il lettore sappia tutto, anche prima della vittima, resta catturato totalmente dalla narrazione, dalle pagine che divora una dietro l’altra fino ad arrivare all’ultima, perché Elizabeth Jane Howard è una brillante narratrice e rapisce il lettore come solo i grandi romanzieri sanno fare.


Qualora non si fosse capito, consiglio moltissimo la lettura di questo romanzo!


(Gifted Fazi Editore)