RECENSIONE: “Sommersione”, di Sandro Frizziero (Fazi Editore)

Autore: Sandro Frizziero; Titolo: Sommersione; Casa editrice: Fazi Editore; Collana Le strade; Pagine 189; ISBN: 9788893257350; Prezzo €16,00; Data di pubblicazione: 12 marzo 2020.


TRAMA

«Un vecchio pescatore può diventare molto pericoloso, soprattutto quando getta l’amo dentro di sé. Sandro Frizziero ha il dono più importante per un romanziere: sa capire gli esseri umani.»

(Tiziano Scarpa)

«In fondo all’Adriatico, a nord, esistono isole filiformi che separano il mare dalla laguna veneta. In una di queste esili terre Sandro Frizziero ha trovato il suo tesoro. Non un forziere di zecchini d’oro, ma qualcosa di infinitamente più prezioso per un romanziere (e dunque anche per noi lettori): uno scrigno di passioni brutali e primarie, di ipocrisia, maldicenza, invidia, avidità; vale a dire, tutti i sinonimi dell’amore malinteso. Conosco l’Isola a cui si è ispirato l’autore, perciò posso apprezzare quanto l’abbia trasfigurata in una sua potente iperbole poetica, facendola diventare uno stemma di malumori e malamori universali. Un posto da cui si riescono a vedere le stelle del cielo, sì, ma solo perché «sono i lumini di un cimitero lontano».

Sommersione racconta la giornata decisiva di uno dei suoi abitanti – un vecchio pescatore – forse il più odioso; certamente quello che sa come odiare più e meglio di tutti gli altri: la vicina con il suo cane; la moglie morta; la figlia a cui interessa solo la casa da ereditare; i vecchi preti dementi ricoverati in un ospizio; qualche assassino e qualche prostituta; i devoti di un antico miracolo fasullo, inventato per coprire una scappatella; i bestemmiatori che spesso coincidono con i devoti; i frequentatori della Taverna, unico locale dell’Isola oltre all’American Bar, ma di gran lunga preferibile perché «all’American Bar non c’è ancora un sufficiente livello di disperazione».

Su tutto ciò il vecchio pescatore ha rancori da spargere, fatti e fattacci da ricordare; e però gli resta da fare ancora qualcosa che sorprenderà gli abitanti dell’Isola, lettori compresi. Questo romanzo gli dà del tu, perché Frizziero ha il dono dell’intimità con i suoi personaggi, ne è il ritrattista inesorabile. Sotto le sue frasi – o dovrei dire meglio: sotto i suoi precisi e ben dosati colpi di martello – l’umanità resta inchiodata al livello più inerziale dell’esistenza: l’altro nome di quest’Isola, infatti, potrebbe essere Entropia. Una formicolante, disperata, indimenticabile Entropia».

Tiziano Scarpa


RECENSIONE

Di te si può proprio dire che non hai mai fatto altro che irritare e infastidire le persone, questa è la verità, mettendo continuamente in discussione le loro convinzioni e facendo fallire i loro tentativi di riportarti in seno alla società. Per questo ti odiano. (…) Se potessi, continueresti a irritare e infastidire gli altri perfino da morto, perfino nell’aldilà, se ci fosse, perché tu sei così e non ti si può cambiare.

Esce oggi, pubblicato da Fazi Editore, “Sommersione” di Sandro Frizziero, un libro che mi ha sorpreso per il notevole livello stilistico dimostrato dall’autore.

Scrivere un romanzo come questo, in cui la parola d’ordine è urtare la sensibilità del lettore, dall’inizio alla fine, caratterizzare un personaggio facendone emergere tutto il male possibile, credo non sia facile, per nulla. Sia per chi scrive, sia per chi legge.

L’intento di scuotere il lettore, rimestare nel suo stomaco, misurare il suo limite di sopportazione e abbatterlo mi è apparso lampante, attraverso la creazione di un personaggio, quello del protagonista, fortemente antisociale, personificazione del male, dei sentimenti e delle azioni più crudeli, meschine, criminali.

Un vecchio pescatore di cui non sapremo mai il nome, ma di cui conosceremo ogni pensiero, pulsione, malanimo, nei confronti di tutti, indistintamente, ci accompagna in una “giornata tipo” sull’Isola in cui vive, che sarà anche la sua giornata decisiva, quella che porterà ad un finale inaspettato.

Parlavo di notevole prova di stile, si, perché attraverso l’uso della seconda persona, il narratore usa il “tu”, scelta che si compie proprio per fare entrare il lettore maggiormente in intimità con il protagonista, suscitandogli sensazioni forti e dirette. Allo stesso tempo, il narratore non giudica gli eventi e non sentenzia sulle azioni, lasciando la morale ultima al lettore.

Sulla trama ho detto ben poco, me ne rendo conto. Questo perché non c’è molto da dire, ma tanto da leggere ed interpretare. Si potrebbe sintetizzare con quanto detto qualche riga più su: l’anziano pescatore, che per tutta la vita ha solcato il mare, inizia il suo racconto e resoconto partendo dal mattino, dopo aver pescato un’orata, per arrivare alla sera, facendoci esplorare l’isola, una cicatrice di mare, un microcosmo a sé

Tutto è lontano dall’Isola, inesistente, perché è chiaro che al di fuori dell’Isola non c’è nulla.

Questo luogo è come la prigione del vecchio, il posto dove deve scontare la sua condanna. Viene rimarcata l’emarginazione, il peso dell’esistenza, le differenze che in realtà non esistono tra i vari personaggi che si muovono nel libro, tutti accomunati dall’inclusione quasi forzata in questa cicatrice di mare e da errori commessi che li qualificano.

L’odio e il rancore che stava implodendo in corpo a quest’uomo, viene liberato attraverso il flusso dei ricordi che condivide con il lettore, senza vergogna, segna rimorso, senza tentennamenti, senza il minimo pensiero che abbia potuto sbagliare in qualcosa o nei confronti di qualcuno, un odio riversato indistintamente contro tutti: la moglie, “la Cinzia”, morta di un brutto male e che lui ha sempre maltrattato, psicologicamente e fisicamente, “la Simonetta”, sua figlia, che alla prima occasione è scappata lasciando l’isola, verso il prete, verso il sindaco, verso la vicina di casa e il suo cane, verso gli ubriaconi e i bestemmiatori della Taverna, verso le prostitute e antichi fattacci di gioventù. Odia ed è odiato a sua volta.

Tu odi gli altri, è vero, ma il sentimento è reciproco e lo sai bene. Anche tu sei odiato, e non solo dalla Wanda e dalla Felicia, dalla Ketty dell’alimentari e dal Berto delle esche, che hanno i loro buoni motivi, ma proprio da tutti.

C’è una violenza inaudita nel racconto di questo vecchio diavolo, e il lettore non può fare a meno di condannarlo. Almeno, io ho sentito di doverlo fare, per tutta la narrazione. Tutta.

Il romanzo non presenta dialoghi, non è suddiviso in capitoli, ma in quattro parti più l’epilogo, il testo è separato in paragrafi, che segnano una tregua, più che una pausa.

Se l’intenzione di Sandro Frizziero era quella di urtare la sensibilità del lettore, come io penso, ebbene, vi è riuscito ampiamente. Il senso di repulsione nei confronti di questo protagonista è graduale e cresce alla stessa velocità in cui l’isola viene sommersa e la plastica emerge dal mare, un’acqua inquinata testimone di tante diavolerie compiute dagli esseri umani.

Un romanzo sicuramente originale e coraggioso, che fa riflettere e molto, sulla natura umana e sulle dinamiche che ha intorno a sé l’uomo, ma anche dentro di sé.


(ringrazio l’ufficio stampa di Fazi Editore per la copia omaggio).