RECENSIONE: “Tempi eccitanti”, di Naoise Dolan

Titolo: Tempi eccitanti; Autrice: Naoise Dolan; Traduzione: Claudia Durastanti: Casa editrice: Atlantide; Collana: Blu Atlantide; ISBN: 9791280028051; pagg 295; Prezzo € 16,50; Pubblicazione: ottobre 2020


Trama

Quando Ava a ventidue anni lascia l’Irlanda subito dopo la laurea pert trasferirsi un anno a Hong Kong non ha un piano preciso né sa bene cosa aspettarsi, ma presto si trova intrappolata in una situazione che non è certo quanto aveva sperato: un lavoro malpagato che odia (insegnare l’inglese in una scuola per bambini ricchi) e un affitto spropositato cui fare fronte ogni mese per una camera in un modesto appartamento condiviso con estranei. Intanto inizia a frequentare Julian, un giovane banchiere inglese poco più grande di lei, con molti soldi, una laurea a Oxford e brillanti prospettive di carriera nel top management internazionale, e presto accetta la proposta di andare a vivere nel lussuoso appartamento di lui, non perché tra di loro – si dicono entrambi – ci sia una vera relazione, e tanto più un coinvolgimento sentimentale, ma puramente per reciproca comodità, e periodico sesso. Questa situazione va avanti per vari mesi, fino a quando, mentre Julian è in Europa per lavoro per alcune settimane, Ava conosce Edith e comincia a vederla regolarmente. Anche Edith, che per metà è inglese e per metà originaria di Hong Kong, è, come Julian, in carriera, e come Julian anche lei resta affascinata da quella ragazza cinica e fragile dal buffo accento irlandese. Tra Ava e Edith nasce qualcosa in più di una semplice amicizia, e a differenza di quello che avviene con Julian, Ava si rende conto che Edith non solo effettivamente la ascolta mentre lei parla, ma non teme di mostrarsi per quello che veramente è. Eppure, man mano che i giorni passano e il rientro di Julian si avvicina, Ava rimanda il momento in cui rivelare al ragazzo quello che è accaduto durante la sua assenza. Fino a quando Julian infine torna, e Ava si trova suo malgrado costretta a scegliere tra i due… Amore, cinismo, difficoltà di esprimere i propri sentimenti con gli altri, ricerca di un posto nel mondo in cui sentirsi se stessi, straordinaria capacità narrativa e suprema eleganza stilistica sono solo alcuni degli elementi che fanno di questo romanzo un vero e proprio avvenimento editoriale e l’esordio più celebrato del 2020.

Recensione

“Tempi eccitanti per stare al mondo.”

Tempi eccitanti è il romanzo d’esordio della dublinese Naoise Dolan, pubblicato in Italia da Atlantide Edizioni lo scorso ottobre, con la traduzione di Claudia Durastanti. Ne avrete sicuramente già sentito parlare, soprattutto in relazione a Sally Rooney. Infatti, in tanti hanno pensato di affiancarle trovando tra le righe diverse analogie. Ma io non lo farò, sia perché difficilmente sono propensa a paragonare gli autori tra di loro (salvo rare eccezioni), sia perché non ho ancora letto nulla di Sally Rooney, per cui mi limiterò alla mia esperienza con la Dolan.

Ho letto a mia volta, nelle scorse settimane, numerosi pareri su questo romanzo, non ho trovato nessuno che ne parlasse negativamente. Non fatico a comprenderne le ragioni, sia chiaro, ma sarò una voce fuori dal coro per quanto riguarda l’apprezzamento e la promozione di questo libro, perché, ahimé, non ha conquistato il mio cuore.

Non fraintendetemi. Ci sono veramente molti aspetti che meritano risalto e plauso all’interno del romanzo, e non intendo non darne atto, ne parlerò, ma chiamata ad esprimere un parere generale e completo non posso esimermi dall’ammettere di avere faticato con la lettura, questo perché non ho empatizzato con la protagonista ed è mancato un coinvolgimento emotivo (non critico) nei confronti della storia, e quando mi viene a mancare questo, finisco inevitabilmente per annoiarmi. Dunque, il problema non è né lo stile né l’intento dell’autrice, il problema (se problema si deve chiamare) è un semplice gusto personale.

Proviamo ad andare per ordine.

Questa è una storia contemporanea in cui vengono affrontati il tema delle relazioni al giorno d’oggi, le difficoltà nel capire e nell’esprimere i propri sentimenti, la natura dei legami sociali e la paura di essere pienamente se stessi. 

La protagonista è Ava, una ragazza che dopo la laurea nel suo Paese, l’Irlanda, si trasferisce a Hong Kong senza avere, in realtà, un’idea precisa di cosa fare. Ha usato quasi tutti i suoi risparmi per prenotare un volo diretto nella nuova città e una stanza in affitto per un mese, facendo domanda per insegnare. Si sistema in un appartamento squallido condiviso con altre coinquiline e trova lavoro come insegnante d’inglese per dei bambini. Non le resta mai molto dello stipendio non proprio cospicuo, non ha relazioni profonde con nessuno, tanto che evita di incontrare perfino le sue stesse coinquiline. Conosce Julian, un ragazzo un po’ più grande di lei che lavora in banca ed è ricco,  istaura una non-relazione con lui, dapprima amichevole, poi di solo sesso e va a vivere nel suo appartamento. Il loro è un rapporto di comodo, non c’è un vero e proprio dialogo. Julian è un uomo distaccato e cinico, di Ava apprezza il suo essere strana, ma non ascolta davvero e non si concede emotivamente. Nulla è veramente eccitante per lui, fatta eccezione per le prospettive di avanzamento di carriera, precluse invece ad Ava. Il divario economico tra i due sembra essere, paradossalmente, il collante che li tiene insieme nonostante tutto, e il potere del denaro assume un ruolo di rilievo nella narrazione, dato che per la protagonista riuscire a raggiungere una posizione di forza alternativa ad esso sembra essere fondamentale, sente che lui è in una posizione diversa rispetto a lei, quindi si sforza di essere sempre accettabile e all’altezza, pensando di non esserlo mai. Ava non si mostra per quella che è davvero, perché ha paura, perché è insicura e perché lei stessa forse non si conosce ancora abbastanza.

“Mentivo spesso per non offendere i sentimenti di qualcuno o piacergli.”

Il rapporto con Julian non ha un nome, lui non vuole impegnarsi. Non è empatico. Una relazione vuota, una non relazione.

“Non era come nelle amicizie normali, in cui mi preoccupavo di continuare a piacere all’altra persona. A lui piaceva sentirsi parlare ad alta voce e a me sembrava di trarne un profitto.”

Quando per lavoro Julian lascerà per alcuni mesi Hong Kong, Ava, che continua a vivere nell’appartamento dell’uomo, incontrerà Edith, anche lei brillante e in carriera, una ragazza sua coetanea che lavora in uno studio legale. Con lei nasce un rapporto del tutto diverso, speciale, vero.

“Edith era arrivata nella mia vita proprio quando si era liberato un posto.”

Agli occhi di Ava, è perfetta: intelligente, elegante, educata e soprattutto capace di ascoltare gli altri e se stessa, pienamente in grado di gestire i suoi sentimenti e le sue emozioni. Si gode le piccole cose, presta attenzione ai dettagli, insieme a lei Ava ride, dialoga, si racconta. Un sentimento che va in crescendo, tanto che ad Ava sembra di conoscere Edith da sempre e si sente come se la stesse aspettando nella sua vita. Si rende conto che il vero potere emotivo non ce l’ha Julian su di lei, ma Edith, perché ne ha paura.

“…mi sento come se fosse l’unica persona nella mia vita che sia mai stata importante o che sia mai esistita.”

Ed è per paura che non confessa alla sua compagna la relazione con Julian, e forse per opportunismo fa lo stesso con l’uomo non dicendogli di Edith, continuando a tenere il piede in due scarpe fino a quando il ritorno di Julian la metterà davanti all’inevitabile, compresa la responsabilità di trovarsi a fare i conti con la realtà, di uscire dal guscio e prendere delle decisioni.


Il mondo di Ava gira prevalentemente più nella sua mente, nei suoi pensieri che nella vita concreta, in atti e scelte concrete, e questo vorticare impetuoso nella sua testa l’ho trovato claustrofobico. La voce narrante è sua, ed è sicuramente tagliente, cinica, sarcastica, disincantata, arguta. Difficile empatizzare con lei, una antieroina insicura, asociale, respingente. L’ho trovata spesso irritante nella sua perenne tendenza a non assumersi delle responsabilità, a scegliere l’opportunismo al suo vero sentire. Mi rendo conto che, probabilmente, l’intento dell’autrice fosse proprio quello di dare risalto a questi aspetti, ma a me hanno infastidita.

Quindi, merito a Naoise Dolan per lo stile ironico, minimale, sagace, per l’acuta capacità di osservazione di diversi contesti sociali, e per l’attenzione verso argomenti e tematiche forti: il linguaggio, l’identità, il potere del denaro in relazione all’affermazione di sé, la bisessualità, la disparità nelle opportunità e anche nelle relazioni, la difficoltà di esprimere pienamente se stessi e di relazionarsi, la ricerca di un proprio posto nel mondo, la paura di rivelare le emozioni e condividerle.

Un romanzo che parla di normalità, che racconta dell’oggi e che ci interroga, con lucidità e sincerità. Mi è dispiaciuto non essere riuscita ad entrare completamente nel flusso della narrazione, ma spero di avere future occasioni per approcciarmi nuovamente con la penna di Naoise Dolan e, magari, ricredermi completamente.


(Ringrazio l’ufficio stampa per la copia del libro)