RECENSIONE: “Tre serbi, due musulmani, un lupo”, di Luca Leone e Daniele Zanon (Infinito Edizioni)

Cari lettori e care lettrici de La Parola ai Libri,
di quale romanzo parliamo oggi? Di Tre serbi, due musulmani, un lupo
di Luca Leone e Daniele Zanon, edito da Infinito Edizioni, che ringrazio per la copia e la collaborazione.


SCHEDA TECNICA

Titolo: Tre serbi, due musulmani, un lupo
Autori: Luca Leone, Daniele Zanon
Editore: Infinito Edizioni
Numero di pagine: 304
Prezzo: € 15,00
Collana: Collana Orienti
ISBN: 9788868613341
Anno di pubblicazione: 2019


PRESENTAZIONE

A Prijedor, in Bosnia Erzegovina, in quella che oggi si chiama Repubblica serba di Bosnia (Rs), nella primavera-estate del 1992 succedono cose spaventose. Sembra d’essere tornati ai tempi del nazismo. Gli ultranazionalisti serbo-bosniaci vogliono sradicare i “non serbi” attraverso due strumenti: deportazione e omicidio. Vengono creati per quest’ultimo scopo tre campi di concentramento. Che ben presto diventano luoghi di uccisione di massa. Nomi tremendi: Omarska. Keraterm. Trnopolje. In quest’ultimo luogo – composto da una scuola, una casa del popolo e un prato – vengono recluse tra le quattromila e le settemila persone. È a Trnopolje, nel maggio del 1992, che è ambientata la storia raccontata da questo libro. Una storia di fantasia, ma poggiata su solide basi storiche e di testimonianza. Un libro che non è solo un romanzo ma anche un reportage di quanto accaduto troppi pochi anni fa e troppo vicino a noi, per non sapere.

“La sfida è vinta: quella degli autori e quella dei protagonisti, per i quali chi legge fa il tifo e si commuove, costretti come sono dalla Storia a diventare adulti nel giro di una stagione: quella famigerata primavera del 1992”. (Riccardo Noury)

Con il patrocinio di Amnesty International e di Iscos Emilia Romagna.


RECENSIONE

– Appunto… siamo in cinque – disse Jelena raccogliendo tutti in uno sguardo – E cinque non sono pochi. Ci sono persone che da sole hanno cambiato il mondo!

Attraverso una scrupolosa raccolta di testimonianze, riportate al termine del romanzo, i due autori di questo libro, Luca Leone e Daniele Zanon, ricostruiscono una storia che va ad inserirsi nella letteratura per ragazzi, una storia che non può in nessun modo non fare provare sentimenti ed emozioni molto forti, scuotendo la coscienza di ognuno di noi.

Siamo in Bosnia Erzegovina, a Prijedor, nel non lontano 1992, e ciò che accade ha del terribile: gravissimi atti di violenza, soprusi, omicidi, umiliazioni, deportazioni, stupri. Nella primavera del 1992 inizia una vera e propria pulizia etnica da parte dei leader serbi-bosniaci contro la parte “non serba” della neonata Repubblica serba di Bosnia (Rs), ed essi potevano avvalersi, oltre che di paramilitari, nazionalisti, anche di qualsiasi mercenario senza scrupoli. Quello che questi mostri hanno concepito e attuato è aberrante. Ovunque, sorsero campi di concentramento, i più importanti dei quali si trovavano a Omarska, Keraterm, Trnopolje, finalizzati alla loro “causa”; parte integrante di tale progetto era lo stupro, la tortura e l’uccisione di donne, bambini, bambine, uomini non serbi. Si è adotto alla fede come “giustificazione” a tale abominio, ma è chiaro che la religione abbia rappresentato un vile pretesto per dare sfogo alla crudeltà e alla brutalità dei militari. Fino a quel momento, serbi, croati e musulmani avevano convissuto pacificamente, non avvertendo nessuna differenza gli uni con gli altri e dagli altri. E’ sconvolgente che, pochi anni dopo la caduta del nazismo, sia potuto accadere nuovamente che una parte abbia piegato e distrutto un’altra. Furti, case distrutte, famiglie devastate, civili uccisi anche solo per mero divertimento dei militari, uomini derisi, umiliati, spogliati di tutto, deportati, uccisi.

Josip pensò ai suoi ragazzi, studenti della scuola media di Prijedor. Erano come tutti i ragazzi del mondo. Alcuni volenterosi, altri svogliati. Appartenevano a famiglie molto diverse, almeno sulla carta. C’erano ragazzi croati di tradizione cattolica, bosniaci musulmani e serbi ortodossi. E poi c’erano gli “altri”. Le minoranze. I suoi ragazzi erano in grado di vivere in pace, ma il mondo, alle loro spalle, la pensava diversamente. In uno strettissimo orizzonte temporale, il professore vedeva il rischio che anche i suoi studenti sarebbero stati costretti a mettersi gli uni contro gli altri.

I protagonisti di questo romanzo sono cinque: Jelena, Zatlan, Milorad (tre serbi), Emina, Faris (due musulmani), Vuk (il lupo di Jelena). Hanno tredici anni, tanti sogni, tanta voglia di vivere. Ognuno di loro ha un carattere e un temperamento diversi, che pagina dopo pagina, non mancheranno di definire le loro personalità. Cosa li accomuna? Una profonda e sincera amicizia, un legame che valica qualsiasi differenza di idee, religione, origine. Loro non ne avvertono nessuna, nemmeno ci pensano che possano esistere e comportare l’orrore che di lì a poco si verificherà. Fin dai primi capitoli è chiaro che qualcosa sta drammaticamente cambiando, inizialmente sono solo presentimenti dettati da alcuni strani accadimenti, non ancora delineati e di pubblico dominio, strane voci, sembrerebbe, ma infondate. Eppure, quello che non riescono a concepire, sta realmente accadendo e si riverserà su di loro come un fiume in piena, che li travolgerà e li costringerà a crescere in fretta, a fare i conti con la crudeltà spietata di mostri che pretendono di eliminare la popolazione non serba dal Paese. La storia è narrata dal punto di vista dei ragazzi che assistono a ciò che si sta concretizzando con una incredulità che ci induce a mettere in luce quali siano i sentimenti prevalenti in giovani cuori privi della macchia della cattiveria, divenendo portavoce del messaggio stesso del romanzo: pace. Pace e convivenza, perché non esistono razze superiori, non esistono differenze di genere, religione, politiche. Questi ragazzi non accettano la guerra e la violenza, e non accettano di restare in silenzio e abbassare la testa. Non possono comprendere, davvero, né giustificare quello che di inconcepibile sta prendendo piede e forma.
Loro malgrado, iniziano le prime sparizioni, i primi rastrellamenti e le deportazioni su camion bestiame. Quando i militari caricheranno su uno di quei camion Emina e Faris, condannati ad una morte certa, i loro amici, Jelena, Zlatan e Milorad, non accettano di assistere inermi, ma si ribellano, lottano, combattono con le unghie e con i denti, contro tutto e tutti pur di salvarli. Non hanno armi, sono muniti di poche risorse, una fionda, una mazza da baseball, il lupo e il coraggio incosciente di chi crede nell’amicizia, nella libertà e nell’uguaglianza.

Alcuni hanno palesato alcune perplessità circa alcuni punti della trama, come sia poco realistico che un gruppetto di ragazzi di appena tredici anni armati di fionda potesse avere la meglio su militari armati di fucili. Io credo che non sia questo lo spirito critico corretto da utilizzare a fronte dell’intenzione del romanzo tutto. E ritengo sia necessario riflettere su altro. Senza offesa, penso che chi abbia mosso quella osservazione non abbia compreso a pieno il significato della storia, il suo messaggio, il suo valore. Penso che per comprendere certe dinamiche occorra rivestire i panni di un dato personaggio e contestualizzare anche il suo ruolo all’interno della narrazione stessa.

Ho letto una storia drammatica, difficile, dolorosa. Una storia di amicizia, di sacrificio, di lotta, ma anche di riscatto e rivendicazione di ciò che è stato. L’incoscienza di questi giovani ragazzi ci deve fare riflettere sulle ragioni di quel coraggio, mossi come sono da valori puliti e nobili che quei brutali mostri non possiedono. Un vero e proprio colpo al cuore, pagina dopo pagina, perché chi può dire in quanti hanno realmente vissuto quell’inferno?

Serpeggiava terrore puro in mezzo alle baracche. I prigionieri erano storditi dalla paura, annichiliti dalla fame e dalle violenze, spossati da una notte senza sonno. Si muovevano silenziosi. Parlavano sottovoce. Le urla dei torturati, nelle ore buie appena trascorse, avevano messo in chiaro l’inferno nel quale erano stati segregati. Discutevano, gli uomini con gli uomini, le donne con le donne. Doveva pur esserci un modo per fuggire da quel luogo, pensavano da entrambe le parti. Ma non ne intravedevano, in realtà, nessuno… I militari erano in allerta. Erano stati ben istruiti. C’era il pericolo di una ribellione. Col tempo quella folla di centinaia, che presto sarebbe salita a migliaia di disperati, costretti alla fame più nera, sarebbe diventata debole. La paura avrebbe fatto il resto. E sarebbe subentrata la rassegnazione. Ma non sarebbe bastata una notte. Serve pazienza per piegare un popolo. Anzi, servono tempo e metodo.

Diversi documenti e testimonianze attestano questo inferno e fa ancora più male la consapevolezza che sia potuto accadere nell’indifferenza generale, nell’omertà più subdola, nel silenzio complice e altrettanto colpevole di chi avrebbe potuto intervenire per tempo e non lo ha fatto. Ancora oggi non è stata fatta piena luce, né i tutti i colpevoli hanno pagato per i lori crimini.

Tre serbi, due musulmani, un lupo restituisce attenzione ad una delle pagine più terribili di un passato che non può definirsi del tutto passato, se consideriamo che questi crimini sono stati consumati una manciata di anni fa. Un romanzo che si propone come simbolo, affinché tutto ciò che ha comportato la follia e il delirio umano, non cada nell’oblio, mai, per non essere silenti, omertosi, ciechi, anestetizzati da tutto. Per comprendere che si può essere migliori, che possiamo essere consapevoli e consci, ma ciò può avvenire solo se si conosce ciò che è stato e se non viene dimenticato.