Recensione: “Un’estate in montagna”, di Elizabeth von Arnim (Fazi Editore)

Cari lettori e care lettrici de La Parola ai Libri,
ho avuto il piacere di leggere la nuova edizione di “Un’estate in montagna” di Elizabeth von Arnim pubblicata da Fazi Editore da poco, con la traduzione di Sabina Terziani, e qui vi propongo la mia recensione.
Un percorso in salita quello di Elizabeth, stanca e provata dagli orrori della guerra che le ha strappato via cari e affetti. Ha bisogno di ritrovare la pace e se stessa e quale posto migliore della montagna, della natura, della sua bellezza infinita e incontaminata, per riuscirci? Dalla solitudine, amicizie inaspettate e intrighi da svelare, pagine ricche di profondità, umorismo e leggerezza, nonostante le tematiche importanti.


 SCHEDA TECNICA

Autore: Elizabeth von Arnim
Titolo: Un’estate in montagna
Traduzione: Sabina Terziani
Editore: Fazi
Collana: Le strade
Numero Collana: 360
Pagine: 190
Codice isbn: 9788893253932
Prezzo in libreria: € 15
Codice isbn Epub: 9788893254304
Prezzo E-Book: € 7.99
Data Pubblicazione: 12-07-2018


TRAMA

Luglio 1919. Dopo una lunga camminata, Elizabeth giunge al suo chalet in montagna e, ancora prima di entrare, si accascia sull’erba fuori dalla porta. È stanca, sfinita, devastata dagli orrori della guerra. Come un animale ferito, cerca sollievo nella solitudine e nella bellezza del luogo: le estati, fra le montagne svizzere, sono calde e fresche insieme, le notti immense e quiete, i pendii profumano di miele. Fino a pochi anni prima, però, la casa, ora così silenziosa, era piena di amici. Ma il giorno del suo compleanno, Elizabeth riceve un regalo inatteso: due donne inglesi giungono per caso allo chalet in cerca di un posto dove riprendere fiato dalla passeggiata e dal sole. La padrona di casa le accoglie, prima per un pranzo, poi per un tè, poi per qualche settimana. E una scintilla di speranza si riaccende. All’allegro terzetto, infine, si aggiunge anche zio Rudolph, un pastore anglicano sessantenne che immancabilmente si innamora della più giovane delle due ospiti, quella con il segreto più vergognoso e il passato più scandaloso…
In Un’estate in montagna le descrizioni della natura, dei piccoli piaceri della vita, le letture di una donna altoborghese e le sue interazioni con la servitù si intrecciano con il racconto di una vicenda divertente e intrigante che certo non deluderà i fan dell’autrice.


RECENSIONE

Adesso voglio tranquillità.
Come una formichina malata stamani sono partita dal fondovalle per arrampicarmi fin quassù: che fatica l’ascesa fino a questa baita sul fianco della montagna; un luogo da cui manco dall’agosto del primo anno di guerra. Sono crollata sull’erba davanti alla porta, troppo stanca persino per ringraziare Dio di avercela fatta ad arrivare a casa.
Ed eccomi di nuovo qui, sola nella baita: un tempo era così piena di vita e allegria che le pareti di legno sottile sembravano sempre sul punto di cedere all’intensità della gioia. Mai avrei immaginato, che un giorno ci sarei tornata da sola. Quanto ero ricca di amore cinque anni fa; e quanto sono povera e spogliata di tutto, adesso. be’, in fondo non importa. Nulla importa. Sono troppo stanca. Voglio soltanto tranquillità.

Così ha inizio l’impervio e doloroso cammino di Elizabeth verso la quiete e la ricerca della serenità perduta. I drammi della guerra si trascinano incessantemente, un pesante macigno sul petto opprime l’anima e offusca la mente. Ma la volontà di ristabilire un ordine, di credere nella possibilità di ritrovare se stessa, di ricominciare, sono sentimenti che invadono di speranza e fiducia ogni pagina. Indubbiamente è difficile, la salita non è solo fisica, ma anche spirituale e quello che attraverserà durante il viaggio costituirà un fondamentale bagaglio di riflessioni, di cui fare sempiterna lezione e tesoro. E quale posto migliore per rinascere se non in mezzo alla natura, alla sua bellezza e al suo profumo?

Forse qui, da sola, riuscirò a ritemprarmi; forse basterà stare seduta su questi pendii fioriti e profumati di miele per guarire piano piano. Rimarrò seduta sull’erba e mi leccherò le ferite. Ho una tale voglia di rimettermi in sesto! E ho un tale bisogno di tornare a credere nella bontà.

Siamo nel luglio del 1919 in una baita nelle montagne della Svizzera, un luogo molto caro all’autrice, dove fino a pochi anni prima riecheggiavano voci allegre e spensierate, insieme alla sua, e dove adesso, regna il silenzio e la solitudine. La nostalgia, la tristezza per la gioia svanita, lo smarrimento, il dolore per le perdite subite a causa della guerra echeggiano con caparbia insistenza, ricordando all’autrice la felicità che le è stata strappata via. Fatta eccezione per Antoine, il tuttofare che si è occupato della baita anche durante la prolungata assenza della padrona di casa, e per sua moglie, coniugi con i quali intrattiene dialoghi spesso intrisi di quel sottile umorismo caratteristico di Elizabeth, si chiude, inizialmente, nel silenzio, affidando solo alle pagine scritte, quelle che noi leggiamo, i suoi pensieri, lasciandosi inebriare dalla bellezza e dalla dolcezza di ciò che le sta attorno. E in più occasioni ci rivela la ragione per la quale scrive. Lo fa per non restare da sola con se stessa e

(…) anche perché voglio fermare lo scorrere di questi strani giorni, tanto diversi da qualunque altro momento io abbia mai vissuto finora. Voglio tenerli per un istante sul palmo della mano per osservarli prima di lasciarli andare via per sempre. Forse, tra molti anni, quando avrò quasi dimenticato cosa mi spinse quassù, non mi interesserà più nulla se non ridere, ridere con la tenerezza di una vecchia saggia dei malintesi, degli errori e dei fallimenti che mi portarono così vicina al naufragio, per quanto sotto sotto fossero guidati da tanto amore. Allora aprirò questo quaderno e lo leggerò.

Man mano che scorrono i giorni si manifesta in lei, gradualmente, la sensazione di sentirsi meglio, percorriamo i sentieri di una elaborazione di ciò che le è accaduto, fino alla gratitudine per i momenti felici che ha potuto vivere in passato, e avvertendo la presenza delle persone che ha amato nonostante la loro irrevocabile assenza. La bellezza e la meraviglia dei tempi passati non è più possibile contemplarla, ma anche il dolore della loro scomparsa inizia a trasformarsi in qualcosa di diverso, in nuova meraviglia e in nuova bellezza, attraverso i suoi occhi che sono anch’essi nuovi e proiettati a guardare al futuro. Le ferite stanno guarendo.

Sulla scala di questi giorni mi sono arrampicata un gradino dopo l’altro lasciandomi alle spalle la tenebra che aleggiava giù in fondo. E’stato come trovare dei gradini sott’acqua mentre stavo per annegare ed essere riuscita a salirli fino a tornare all’aria e alla luce. Ma adesso che una buona parte di me è emersa, e spera di non scivolare di nuovo là sotto, è arrivato il momento di scuotermi, di cominciare a intraprendere qualche attività fruttuosa.

Ed ecco che, proprio nel giorno del suo compleanno, riceve un regalo del tutto inaspettato: due donne inglesi, due sorelle, arrivano nei pressi del suo chalet in cerca di ristoro dopo aver a lungo camminato e anche di consigli su dove poter alloggiare, soffrendo molto il caldo giù nella valle. Così Dolly e Kitty, entrambe vedove e con qualche riserbo circa il loro privato, si trovano ad essere ospiti di Elizabeth, dapprima per un tè, poi per alcune settimane. In queste pagine, non mancano ironia, analisi e… indagini. Perché la padrona di casa ha ben intuito che Dolly, la sorella granitica, composta e riservatissima, cerca di non lasciare che la sorella Kitty resti a lungo sola con lei, per quale ragione? Si dimostra sempre in stato di apprensione e sollecitudine, nonostante non manchi di palesarsi generosa e altruista. Non ci sono molte confidenze tra le tre donne, si limitano alla conversazione formale, parlando del tempo oppure a leggere a voce alta. Eppure, Kitty nel sonno ha sussurrato un nome ed Elizabeth lo la udito. Un rapporto destinato ad evolversi con il passare dei giorni e che ci regala pagine di complicità e ritrosie, reticenze e confindenze, proprio come una danza degli ossimori. E poi un giorno arriva allo chalet uno zio di Elizabeth, Rudolph, un decano, intenzionato a riportarla in Inghilterra e che si innamora della sorella minore, Kitty, colei che porta con sè il segreto più scomodo e potenzialmente scandaloso tra le due. Quindi, cosa fare adesso?
Da qui, un brillante snodo nelle vicende, attraverso le quali l’inconfondibile stile dell’autrice raggiunge l’apice più alto, con ironia e caratterizzazione dei personaggi e delle vicende, attraverso cui riesce a sottolineare, ancora una volta, tematiche molto importanti: il valore dell’amicizia, la soliderietà, l’altruismo, lo sfacelo delle guerre, dei rancori e dei pregiudizi, l’importanza dell’amore come valore alto, le differenze sociali e di genere.


Mi è piaciuto moltissimo! Ho apprezzato la nuova traduzione di Sabina Terziani, capace di donarci anche le sottigliezze e i piccoli particolari che rendono unica la penna di Elizabeth von Arnim, come l’immancabile ironia e autoironia. In diversi punti della lettura mi sono sorpresa a sorridere, e di gusto. Descrizioni precise e di una raffinatezza sconcertante, secondo me, sfido chiunque a non sentire di essere in quei sentieri! Questo libro, scritto in forma di diario e che copre un arco temporale che va da luglio  ad ottobre, ci offre un’immagine vera e spogliata di qualsiasi artificio dell’autrice, essendo per buona parte autobiografico. Sfogliandolo, si può quasi sentire il profumo della natura, il profumo fresco e pulito della montagna. Mi ha trasmesso fiducia e positività, perché nonostante il drammatico periodo che stava attraversando, Elizabeth non ha perso la fiducia nel futuro, nella fede, non ha smesso di credere che, un giorno, sarebbe guarita dalla sua angoscia e dai suoi tormenti, lavorando su se stessa e su quello che stava provando. assistendo ad una rinascita.


E’ uno strano posto, questo, un luogo dagli effetti imprevedibili, e credo lo sia perché si trova a un’altitudine di millecinquecento metri e riceve moltissimo sole.