- Vorrei che mi parlassi di te. Chi è Lucrezia Scali?
Ciao Fabiola e grazie per questa opportunità. È davvero un piacere “inaugurare” il tuo blog, perché anche io sono una blogger e amo parlare di libri, e tu lo sai meglio di me. Chi sono? Be’, questa è una di quelle domande che mi mandano in crisi perché potrei riempire 20 pagine word come niente, parlando di questi 29 anni di vita. Posso dirvi che sono disordinata, perennemente in ansia, amo gli animali e studio veterinaria, ho un debole per la panna, piango per niente, rido quando vedo qualcuno cadere, leggere è il mio grande amore e la scrittura viene subito dopo.
- Com’è nato Te lo dico sottovoce? Cosa ti ha ispirata?
Scrivo da sempre e soprattutto perché mi piace mettere nero su bianco tutto ciò che mi frulla per la testa. Ho iniziato riempiendo diari segreti che puntualmente nascondevo, poi brevi racconti, romanzi lasciati a metà e poi è arrivato Te lo dico sottovoce. Certe storie non le devi cercare, sono loro a scegliere te e così è stato. Complice un noioso pomeriggio in compagnia del mio cane, la storia ha preso forma all’improvviso davanti ai miei occhi, e non ho potuto fare a meno di scriverla.
- Quanto ha di te Mia, la protagonista del romanzo?
Vorrei dirti nulla ma credo mentirei. Sono dell’idea che c’è sempre qualcosa di noi in quello che scriviamo, può essere un personaggio, può essere una situazione, una particolarità di un carattere o di una vicenda. E Mia mi rispecchia molto, con i suoi pregi e con i suoi difetti.
- Un aspetto forte e importante del romanzo riguarda la Pet Therapy. Vuoi parlarcene?
Sì, lo ammetto, ed è un tema che spacca in due i punti di vista delle persone. In Italia se ne parlava poco, almeno fino a qualche tempo fa, e la cosa non mi rende contenta perché credo davvero nei benefici che può offrire la pet therapy. Non deve essere vista come una sostituzione alla medicina tradizionale, ma come un’ integrazione per migliorare la qualità della vita del paziente. Fatalità vuole che, dopo pochi giorni dalla prima pubblicazione del romanzo, l’ospedale pediatrico della mia città inaugurasse la Pet therapy dentro uno dei loro reparti. È una bella coincidenza.
- Cosa speri che arrivi ai lettori con il tuo romanzo?
Spero arrivi almeno 1/3 delle emozioni che ho provato io, della passione e del cuore che ho messo dentro al romanzo. Ogni lettore è in grado di cogliere mille sfumature diverse dello stesso libro, e quindi lascio che sia il lettore a recepire il “suo” messaggio.
- Perché si dovrebbe acquistare il tuo romanzo?
No, no, no… a questa domanda non posso rispondere. Sono troppo di parte!
Be’, cercate Te lo dico sottovoce nel web, guardate la copertina, leggete la trama e se qualcosa vi ha colpito, allora provate a dargli una possibilità. Di solito il sesto senso non sbaglia mai.
- Esiste la possibilità che tu scriva un seguito di Te lo dico sottovoce?
Questo romanzo è nato per essere conclusivo, soprattutto perché io non amo le storie che si trascinano troppo. Però posso dirti che c’è qualcosa nell’aria e che ho scritto su richiesta dei lettori.
- Com’è avvenuto il passaggio dall’autopubblicazione su Amazon alla pubblicazione con un’importante casa editrice?
In un modo molto semplice: tramite un contatto su facebook. Al momento della pubblicazione non avevo lasciato dei recapiti, e quindi il messaggio della Newton Compton è arrivato del tutto inaspettato dopo pochissimi giorni. Hanno chiesto il mio romanzo per una valutazione e la risposta è stata positiva.
- Cosa consigli agli aspiranti scrittori, demoralizzati dalle difficoltà che incontrano nell’affermarsi nell’editoria?
Io resto dell’idea che la forma più grave di bassa autostima arrivi dalle persone più vicine a noi, e non dal nostro punto di arrivo. Dobbiamo essere noi i primi a credere nei nostri romanzi, e renderci conto che c’è sempre da migliorare e da imparare. Le critiche, se costruttive, bisogna prenderle, analizzarle e farne tesoro. È vero che la sola passione non può portare al raggiungimento di un obiettivo, ma è un buon ingrediente per la sua riuscita. Leggere tanto, leggere di tutto, non fossilizzarsi su un solo genere è obbligatorio per chi vuole intraprendere questa strada. Mai piangersi addosso. Se la storia è quella giusta, allora troverà la sua strada. I tempi sono molto cambiati e adesso anche l’autopubblicazione offre una buona vetrina di visibilità, infatti molte case editrici “pescano” dalle classifiche di Amazon. Tanta buona volontà e una storia originale.