Trama
Sono gli inizi di ottobre, il giornalista Luca Banti è in arrivo a Lampedusa per seguire una pista: è convinto che la strage di 366 migranti avvenuta un anno prima davanti all’isola sia da imputare a un errore del comandante della Guardia costiera, il tenente Camarda. In quelle stesse ore, sulle coste della Libia, centinaia di uomini vestiti di nero e armati come un esercito si stanno imbarcando su dei pescherecci diretti verso Lampedusa. Sono i Leoni di Jihad, un gruppo terroristico pronto a invadere l’isola nel nome di Allah. A guidarli è l’Emiro Yussuf al-Mutlak: in una manciata di ore i suoi uomini sgominano le difese dell’isola, impongono la shari‘a, dividono gli uomini dalle donne, compiono esecuzioni di massa riprese e subito caricate in rete. Sotto gli occhi atterriti dell’Occidente l’isola diventa il primo territorio europeo sottomesso al fondamentalismo islamico. Appena le immagini di quello che sta succedendo a Lampedusa rimbalzano in rete, il governo italiano si prepara allo sbarco spalleggiato dai governi del G8, ma non tutto andrà come previsto. In un susseguirsi di crudi eventi mozzafiato Claudio Fava e Michele Gambino mettono in scena una galleria di personaggi indimenticabili, e raccontano la guerra santa che potrebbe scatenarsi sulle nostre coste, la fragilità della politica, la rassegnazione e il coraggio di chi si trova su quell’isola. E vuole disperatamente salvarsi la vita.
Recensione
«Sono venuti di notte, hanno distrutto le nostre chiese, occupato le nostre case, sequestrato i nostri bambini. Ci hanno reso schiavi del loro Medioevo, ci costringono a pregare per il loro dio. Mi chiedo ogni minuto come è potuto accadere. Non eravamo noi i più forti? E adesso, lei cosa pensa che dobbiamo fare contro tutto questo?»
Isola di Lampedusa.
Mentre il giornalista Luca Banti, arrivato sul posto, inizia le sue indagini sulla morte di 366 migranti avvenuta proprio davanti all’isola un anno prima, in cui sospetta sia invischiato il tenente Camarda per un volontario ritardo nei soccorsi, sulle coste della Libia l’Emiro Yussuf al-Mutlak sta per attuare il suo folle piano in nome di Allah: centinaia di uomini vestiti di nero, i Leoni di Jihad, un gruppo terroristico armato e spietato, sta per partire e invadere l’isola.
L’isola sarebbe stato il primo pezzo di cintura che lui avrebbe stretto intorno al collo della vecchia Europa.”
Sorprendono Lampedusa nel sonno e non faticano a sgominarne le difese, sia perché si avvalgono di ganci già presenti sull’isola sotto falsa identità, che informano di ogni punto strategico e che operano un sabotaggio all’impianto di comunicazione, cavi telefonici e rete internet, svuotando anche tutto il serbatoio del generatore di emergenza, sia perché sono armati e pronti ad usare mitra e scimitarre. L’intento dell’invasato Emiro è quello di proclamare Lampedusa, la terra degli infedeli, come territorio di Jihad e poi di impiantare uno stabilimento di anfetamine che gli avrebbe assicurato ingenti guadagni.
Lampedusa resta tagliata fuori dal mondo. I miliziani sono spietati, efferati, uccidono in massa e percuotono, costringono gli abitanti a riversarsi in piazza, con botte, pugni, violenza animalesca, separano le donne dagli uomini, poi i bambini dagli adulti, decisi ad usarli come loro scudo, come assicurazione per la riuscita dell’invasione. Li portano nella scuola che riempiono di dinamite, pronti a farla saltare in aria se il governo tenterà di intervenire.
Man mano che la resistenza degli adulti veniva meno, lamenti disperati sostituivano le urla di rabbia e protesta. Lentamente subentrò la rassegnazione.
Gli abitanti dell’isola, se vogliono sopravvivere, devono sottomettersi al nuovo ordine imposto dall’Emiro, rinnegare la loro fede a abbracciare quella islamica, nonché sottostare a tutta una serie di leggi, altrimenti sarebbero incorsi in altrettante punizioni, come frustate e amputazioni, fino alla pena di morte per impiccagione, crocefissione, a seconda dei “reati” commessi.
Quando i video dei loro efferati crimini inizia a circolare, il governo è palesemente impreparato a gestire una situazione di tale portata, la politica si dimostra a lungo incapace di affrontare l’emergenza, e cerca in tutti i modi di correre ai ripari, organizzando lo sbarco sull’isola insieme ai governi del G8. Ma gli isolani non aspettano che qualcuno corra a salvarli. Una parte di loro sa bene che se non combatte, se non prova a stanare gli invasori, tutto sarà perduto. Ed è grazie a coloro che sono riusciti a nascondersi e a coloro che nonostante siano nelle grinfie dei terroristi è determinato a riprendersi la libertà che nasce l’Esercito Isolano di Liberazione, la Resistenza, sostenuto anche da coloro che fino a qual momento, i più, avevano sempre considerato dei nemici: i migranti presenti sull’isola.
Il male può sorprenderci alle spalle in ogni momento ed è diverso da come ce lo avevano raccontato, o da come lo avevamo immaginato.
L’Isola è un thriller politico di tradizione internazionale incredibilmente realistico; fa sentire pienamente la paura, ma non ad un livello astratto, bensì concreto, perché abbiamo la percezione che tutto ciò che leggiamo possa verificarsi. Spesso, infatti, durante la lettura, mi sono detta: “E se accadesse davvero?”, “Tutto questo può seriamente succedere”, ed elaborare questo sentimento di inquietudine non è stato semplice. Il racconto è duro, violento, non risparmia ripetuti colpi di scena e inquietanti retroscena, il lettore è portato ad un pieno coinvolgimento nelle vicende, grazie anche al fatto che il romanzo offre il punto di vista di tutti i personaggi della storia. Gli undici giorni di terrore che attraversano le pagine del libro vengono sviscerati magistralmente, la tensione è alta e noi non vogliamo far altro che leggere e leggere per scoprire quale sarà il finale.
Non risparmia tristi riflessioni: sul pericolo tangibile costituito dal terrorismo, sulla politica e il ruolo che ha e che dovrebbe avere, sui meccanismi di clientelismo del voto, dell’invischiamento del malaffare negli appalti pubblici, riflessioni sui luoghi comuni divenuti ormai un credo tra i più, come il ritenere tutti i migranti dei terroristi perché musulmani, oppure sulla fiducia (quasi sempre tradita) che l’uomo possa imparare qualcosa dalle disgrazie. L’uomo, pare, dimentica in fretta e passa oltre. Non cambia mai.
Il romanzo mi ha tenuta incollata alle pagine, con il fiato sospeso, attanagliata dalla paura, ma anche dalla speranza e, arrivata all’ultima pagina, ho salutato molti personaggi con una sincera commozione.
Una lettura che consiglio moltissimo.
(dalla presentazione Fandango Libri, informazioni sugli autori del libro)
L’isola si basa sull’esperienza decennale dei due autori che arrivano alla fiction dopo una lunga carriera di giornalisti e inviati di guerra.
Claudio Fava, giornalista, sceneggiatore (sua la sceneggiatura pluripremiata di I CENTO PASSI e di PRIMA DELLA NOTTE, film tv sull’assassinio di suo padre Giuseppe Fava, da parte della mafia nel 1984), scrittore e politico, si è distinto sempre per la lucida analisi dei fatti di cronaca, di mafia e politica internazionale.
Michele Gambino è stato uno dei più importanti giornalisti d’inchiesta italiani. Si è occupato negli anni di mafia, massoneria, corruzione, armi e conflitti mondiali (Jugoslavia e Afghanistan, per i quali vinse il premio Ilaria Alpi nel 1996).
Ringrazio l’ufficio stampa per la copia del romanzo.