Le citazioni più belle di Emily Dickinson

Ieri, ricorreva l’anniversario di scomparsa di una tra le maggiori poetesse straordinarie del panorama letterario internazionale, Emily Dickinson. Vi propongo alcune citazioni di questa donna strana, ma unica!


Educa un cuore alla strada che dovrebbe fare e appena potrà devierà da essa.


Com’è inestimabile essere ignoranti, perché significa tenere tutto in serbo ed è un’estasi così economica.


Penso che uno spirito appassito debba essere il tesoro più tremendo da possedere, così come uno spirito sempre in boccio debba essere il più dolce.


Nessun sogno si può paragonare alla realtà, perché la realtà stessa è un sogno dal quale solo una porzione di umanità si è risvegliata e parte di noi è una penisola non familiare.


È strano che una promessa sia viva, e fulgida, quando il giorno in cui è stata concepita, è ormai polvere.


Per ogni delusione cerco sempre di pensare che se fossi stata appagata, sarebbe stato ancora più triste, e talvolta da una tale ipotesi traggo una notevole consolazione; consolazione alla rovescia come mi piace chiamarla.



Il cielo è grande – non è vero? La vita è breve, non è vero? Perciò quando è finita, non ce n’è un’altra?


Vorrei che fosse più semplice, l’angoscia in questo mondo. Vorrei che si potesse essere certi che nella sofferenza c’è una parte d’amore. Il pensare di guardare giù un giorno, e vedere i tortuosi gradini da cui siamo venuti, da un posto al sicuro, dev’essere una cosa preziosa.


La gratitudine non è la menzione di una tenerezza, ma il suo silenzioso apprezzamento, più profondo del raggiungibile – tutto ciò che chiede nostro Signore, che conosce meglio di noi la misura delle cose. Disposti alla morte, se solo percepiamo che muore.


Una lettera mi è sempre parsa come l’immortalità, perché è la mente da sola, senza compagno corporeo. Obbligati nella conversazione all’atteggiamento e all’intonazione, sembra che ci sia un potere spettrale nel pensiero che cammina da solo – vorrei ringraziarla per la sua grande gentilezza ma non cerco mai di sollevare le parole che non riesco a reggere.


Parlando ci feriamo di meno l’uno con altro rispetto allo scrivere, perché in quel caso un accento tranquillo assiste le parole troppo dure.


Se leggo un libro che mi gela tutto il corpo tanto che nessun fuoco potrebbe mai scaldarmi so che quella è poesia. Se avverto concretamente come se il culmine della testa mi fosse strappato via, so che quella è poesia. Sono questi i soli modi che conosco. Non ce ne sono altri.


Essere ricordati è quasi come essere amati, ed essere amati è il paradiso.


L’inizio del “Sempre” è più tremendo della fine – perché è sostenuto da una vacillante identità.


Con gli anni non si diventa vecchi, ma ogni giorno più nuovi.


È che le parole diventano improvvisamente piccole o che noi diventiamo improvvisamente grandi, a far sì che non ci bastino, per ringraziare un’amica? Forse è più che altro dovuto a entrambe le cose.