Trama
Tutto è allegria, tutto è politica. Tutto abbatte i pudori e i tabù alle serate mondane di Tina Modotti. Frida l’ha conosciuta quando, liberatasi del busto ortopedico in cui, dopo l’Incidente, era racchiusa come una crisalide, ha cominciato a bazzicare la sede del PCM, il partito comunista messicano. Con il suo naso italiano, il suo petto scultoreo, il ritmo ciarliero del suo eloquio staccato, Tina ha aperto subito una breccia nel suo cuore. A una serata particolarmente festosa della fotografa italiana, dove si beve, si sbraita, si canta, e si ride più del solito, Frida vede per la prima volta Diego Rivera, el gran pintor del Messico, l’artista che, con Orozco e Siqueiros, ha portato la pittura fuori dai salotti borghesi, ha ritrovato la vocazione del colore e della smisuratezza, ha dipinto meravigliosi affreschi in cui uomini e donne si ergono, fieri, a tre metri di altezza. È un pachiderma o, meglio, una piovra dai tentacoli ammalianti, un uomo elefantesco dall’agilità contro natura, un ammasso di carne rosea che suscita, tuttavia, un sapore immediato e irresistibile di proibito. È, soprattutto, una figura irresistibile per Frida, che non esita, nei giorni successivi, a presentarsi al suo cospetto da sola, senza soggezione. Lei, la meticcia di Coyoacán che ha vent’anni di meno, la colonna spezzata, le gambe arrugginite, al cospetto del grande pittore. La passione esplode immediata. Frida non ha timore a concedersi a quell’uomo, un gigantesco totem che ha dieci vite di vantaggio su di lei. Gli racconta della sua esistenza, del tragico Incidente dello schianto dell’autobus e del suo corpo. Gli mostra le sue opere. Diego comprende subito che una forza inusitata anima quella piccola meticcia di Coyoacán, un’ostinazione a vivere e ad amare al di là di ogni capriccio del destino. Nulla è nero è un romanzo che narra la storia d’amore tra due figure iconiche del Novecento. È dunque il racconto di una tumultuosa, turbolenta passione e, insieme, di un secolo di furori, speranze, ideali e disillusioni. Un secolo in cui l’intensità della vita valeva più della vita stessa.
Recensione
“Nella mia vita sono stata vittima di due incidenti orribili, Diego, il primo è stato il tram. L’altro quando ti ho conosciuto.”
L’intensa e travagliata storia tra due icone dell’arte, Frida Kahlo e Diego Rivera, è tra le più conosciute e discusse al mondo, un legame che non smette di affascinare e incuriosire. Frida non si sarebbe mai accontenta di un amore ordinario. Lei desiderava un amore folle, forse anche un po’ irragionevole, che la spettinasse, la travolgesse, un amore totalizzante, impossibile da classificare. Scelse Diego ancor prima che lui potesse sceglierla, quando aveva solo quindici anni e, avvicinandosi al grande pittore intento a realizzare un mural per mostrargli i suoi i suoi dipinti, Frida decise che quel gigante sarebbe stato suo, che quel gigante le apparteneva. Si incontrarono nuovamente nel 1928 durante una festa in casa della fotografa italiana Tina Modotti. Frida aveva ventun anni e lui quarantadue, ed era il pittore più famoso del Messico. Diego era carismatico, provocatore, intelligente. Frida, una donna di talento, fascino, spiccata personalità, ironica, ma anche una creatura spezzata. Fu vittima di un gravissimo Incidente nel 1925: era a bordo di un autobus con il suo fidanzato dell’epoca, Alejandro, quando un tram andò a sbattere contro il mezzo, e un corrimano in metallo, staccatosi dal tram, aveva trafitto Frida, da parte a parte. Da allora, esistettero due Frida: quella prima dell’Incidente e quella dopo l’Incidente. Con Diego iniziò un’intensa e tumultuosa storia d’amore; si sposarono nel 1929, viaggiarono per diverse città del mondo; due persone tanto diverse eppure attratte l’una dall’altra come una calamita. Un amore così totalizzante da reggere e sopravvivere ad adulteri, malattie, aborti, fino al tradimento più doloroso di tutti, quello che portò al divorzio. Ma se non potevano stare insieme, non potevano neanche vivere separati; dopo la separazione i due si risposarono nel 1940 e rimasero insieme fino alla morte di lei, avvenuta nel 1955. A Diego resterà il forte rimpianto di aver capito troppo tardi che Frida era la sua ragione di vita, che avrebbe potuto amarla meglio, meritarla, godere di più dei loro momenti insieme, ma lo comprende troppo tardi.
L’Incidente con il tram le fece conoscere la sofferenza fisica, l’Incidente con Diego, quella dell’anima.
Stare insieme a Diego è difficile, tollerare la sua concezione dell’amore così distante dalla propria diventa logorante, le sue ripetute scappatelle sono motivo di risentimento e litigi frequenti, il desiderio di avere un figlio al contrario di suo marito e la frustrazione, la disperazione della perdita dei feti, la consapevolezza di non avere esclusività nel rapporto con lui, le fecero piangere lacrime amare e silenziose, dolore che riversa nell’arte, attraverso la realizzazione di opere di straordinaria potenza ed indimenticabili. All’inizio non credeva nella sua arte se non come passione, non dipingeva per cercare la fama o per essere indipendente, ma pian piano tutto si trasforma. I suoi sentimenti per Diego resteranno immutati, ma a cambiare sarà lo spazio da dare a se stessa.
“A furia di volermi rifugiare in te, ho perso di vista che eri tu la tempesta. Che avrei dovuto cercare un riparo diverso, per proteggermi da te. Ma chi ha voglia di vivere protetto dalle tempeste?”
Nulla è nero è un romanzo che ricostruisce fedelmente questo amore leggendario, un amore fuori dagli schemi, un memoir che percorre tutti i momenti della relazione tra i due artisti, e non solo, racconta la vita di Frida dall’incontro con Diego fino alla morte, attraverso capitoli suddivisi per colore: ogni ricordo, ogni avvenimento, ha un colore, elemento dal forte simbolismo considerato ciò che rappresentavano i colori per entrambi. Blu, Rosso, Giallo. Nero. E poi Diego, il colore del colori.
“Un giorno decidiamo il colore dominante di una persona e poi non lo mettiamo più in discussione, o molto difficilmente. Questo cosa dice di noi?”
Una lettura talmente intensa da sentirsi estraniati da tutto il resto, emozionante, inclusiva, espressiva, con un finale commovente, che non cancella quello che è stato, ma fa provare una tenerezza sincera. Con gli occhi ancora lucidi, il lettore non vorrebbe voltare quell’ultima pagina, non desidera salutare Fridita, ma continuare a scoprire ancora altri dettagli, altri aneddoti, altra arte, vorrebbe continuare a sottolineare passaggi significativi e toccanti. Perché non ci si sazia mai di questa piccola, stravagante rivoluzionaria che è stata Frida Kahlo, un’icona oggi e per sempre.
“Lo sai, lo sai anche tu, che tutto quello che i miei occhi vedono e che il mio io tocca, quale che sia la distanza che ci separa, è Diego. La carezza delle tele, il colore del colore, i fili di ferro, i nervi, le matite, i fogli, la polvere, le cellule, la guerra e il sole, tutto quel che si vede nei minuti al di fuori degli orologi dei calendari e degli sguardi vuoti, è lui.
Diego, il colore del colore.”
(Ringrazio l’ufficio stampa per la copia del romanzo)