RECENSIONE: “Marianne” di George Sand (Robin Edizioni)

Cari lettori e care lettrici de La Parola ai Libri,

grazie alla fruttuosa collaborazione con Robin Edizioni (che giunge, con questo libro, alla terza) ho potuto iniziare ad approfondire una scrittrice che conoscevo soltanto di fama, George Sand, tra le piu famose della letteratura francese dell’Ottocento. Se è scattato il colpo di fulmine? Assolutamente sì!


SCHEDA TECNICA

Autore: George Sand
Titolo: Marianne
Editore: Robin Edizioni
Anno di pubblicazione: 2019
Pagine 152
Prezzo: € 14,00
ISBN 9788872744031


“Marianne mi ha commosso profondamente e due o tre volte ho pianto. Riconosco me stesso nel carattere di Pierre. Certe pagine mi sembravano frammenti delle mie memorie, supponendo che avessi il talento di scriverle in tal modo! Come tutto ciò è incantevole, poetico, e pieno di vita!”
Gustave Flaubert


RECENSIONE

Amantine Aurore Lucile Dupin, baronessa Dudevant, conosciuta con lo pseudonimo di George Sand, suscita da tempo, ormai, un fascino ed una viva curiosità in me. Considerata tra le più famose scrittrici francesi dell’Ottocento, la sua figura si è guadagnata valori quali quello della libertà, dell’indipendenza, del coraggio, e possiamo ben immaginare quanto il suo temperamento abbia potuto “scandalizzare” i suoi contemporanei. Uno spirito tanto brillante ha aperto nel mio animo di insaziabile lettrice il desiderio di conoscerla attraverso le sue opere, e dovete sapere che non è stata solo una prolifica scrittrice (pensate, ha scritto più di settanta romanzi), ma anche giornalista, autrice di novelle, di drammi, di testi politici, autobiografici, di un consistente epistolario, di saggi. Il suo lavoro è stato immane, imponente, instancabile. I suoi romanzi continuano ad essere tradotti e stampati in tutto il mondo.

Marianne è il suo penultimo romanzo ed è stato tradotto per la prima volta in italiano da Elisabetta Parri per Robin Edizioni, da qui il desiderio di iniziare, finalmente, ad approfondire una scrittrice che conoscevo solo di fama, proprio attraverso questo breve romanzo, breve, ma capace di mostrare il talento di una penna potentissima della letteratura. Se la trama risulta essere non troppo complessa, proprio in essa, proprio in questa semplicità, George Sand è riuscita a condensare tratti nitidi e personaggi di spessore, costruiti con solo apparente casualità. Perché di casuale, a mio avviso, non vi è nulla, al contrario, ogni elemento della narrazione ha un suo ruolo, preciso e prezioso.

Il narratore che ci racconta le vicende conosce ogni particolare della storia e dei personaggi e ce le racconta a distanza di cinquantanni dai fatti, che si svolgono intorno al 1825.

Marianne Chevreuse è una ragazza nubile di venticinque anni, rimasta orfana a ventidue, vive in campagna, ha una buona rendita. La sua proprietà, Validat, si trova in una zona tranquilla, quasi isolata, nel centro della Francia, in un luogo dove non si è mai verificato nulla di drammatico, dove i rapporti tra vicini si basano sul rispetto reciproco e dove i contadini sono miti, discreti, dediti al lavoro e, ovviamente, come in tutte le piccole comunità, allo stesso tempo curiosi e vigili su novità e pettegolezzi. La personalità della giovane protagonista ci viene subito rivelata da alcuni particolari apparentemente casuali (un tratto stilistico cui accennavo poco sopra) come quello di scegliere di vivere da sola, indipendente, rifiutando di trasferirsi dai suoi parenti più prossimi, a prezzo della solitudine, si, ma libera di compiere le proprie scelte. Il suo temperamento audace ci viene mostrato attraverso i suoi comportamenti, come il montare a cavallo da sola, non accettare di sposarsi più volte perché vuole che suo marito abbia il suo amore, la sua stima, il suo rispetto. Sceglie, quindi, la solitudine, riponendo nel futuro la possibilità di ricevere qualche sorpresa.

Era relativamente un buon partito, ciò nonostante, aveva venticinque anni e non aveva trovato nessuno con cui maritarsi. Si diceva fosse troppo difficile e incline all’originalità; difetto, questo, più inquietante di un vizio agli occhi della cerchia di persone a lei vicina. Le veniva rimproverato il suo amore per la solitudine.

Marianne ha un padrino, Pierre André, che da poco si è trasferito in campagna, nella sua dimora Dolmor, per vivere una vita ritirata e stare accanto all’anziana madre. I genitori di Marianne e i genitori di Pierre, sono stati sempre uniti e, ora, lei alimenta questo rapporto, recandosi con regolarità dall’anziana signora, tenendole compagnia e coltivando una sincera amicizia. Ma da quando il quarantenne padrino è tornato in campagna, le sue visite si fanno più sporadiche o avvengono solo quando la giovane sa che Pierre non è in casa. Il protagonista maschile del romanzo ci viene descritto con puntiglio e senza trascurare aspetto alcuno, a partire dal carattere, per arrivare ai sogni e alle aspettative deluse, dalle ambizioni irrealizzate, ai sentimenti che prova verso i suoi fallimenti.

E in questi momenti di assoluto disgusto, si era detto con costernazione di essere un uomo mediocre da tutti i punti di vista: senza volontà, senza operosità, senza convinzione; incapace di quelle grandi risoluzioni in grado di trasformare l’ambiente di cui si è prigionieri; si sentiva un provinciale declassato e suscettibile a ubriacarsi davanti allo spettacolo degli splendori della civiltà o della natura, ma troppo timoroso o troppo orgoglioso per gettervisi correndo dei rischi, e spaventato fino al punto di temere le rimostranze di chicchesia.

E’ un uomo istruito, intelligente, studioso, sensibile alla natura e all’arte, molto critico verso se stesso, rassegnato, adesso, a dover vivere una esistenza ritirata in campagna. Aveva visto nascere Marianne, da studente adulto e tornando per le vacanze dai genitori, aveva trovato Marianne muovere i suoi primi passi. Poi, con gli anni, l’aveva trovata cresciuta, ma rientrando sempre più di rado non si era mai soffermato più di tanto sulla sua persona o sull’aspetto di lei. Prima di stabilirsi definitivamente lì, Pierre era sparito per cinque anni, ed ora gli capita di incontrarla solo sporadicamente, per caso, e quando avviene lei risulta fredda, distaccata, oppure stranamente indispettita, provocatoria.

Eppure, da alcuni giorni, Pierre André era in preda a una sorta di febbre. La realizzazione della propria casetta e del proprio giardino, che l’aveva assorbito e interessato sufficientemente fino a quel momento, si era a poco a poco concretizzata. Inoltre, aveva ricevuto una lettera che, non si sa perché, l’aveva profondamente turbato.

L’arrivo di una lettera scritta da un ex commerciante di Faille-sur-Gauvre che vive a Parigi, monsieur Jean Gaucher, turba moltissimo ed inspiegabilmente Pierre e sarà da questo momento che la storia subirà una svolta, per la vita di ogni personaggio coinvolto. Assistiamo, infatti, all’entrata in scena di un affascinante e giovane pittore parigino, Philippe Gaucher, che vuole chiedere la mano di Marianne, sulla spinta di suo padre desideroso di vedere sistemato suo figlio, inconcludente negli studi e nel lavoro. Pierre piomba in uno stato di indescrivibile dilemma emotivo, uno stato in cui cerca di rendere nitido il suo sentire, dargli un nome, scava dentro se stesso per scorgere le ragioni delle sue contrastanti emozioni, scrivendone su un taccuino che porta sempre con sé e che gli è stato costantemente d’aiuto nel decifrare cio che il mondo circostante gli procurava in termini di pensieri e sensazioni, fissando con l’inchiostro è riuscito a scardinare diverse opinioni, ma pare non venirne a capo adesso.

“Il mio male” si diceva, “è questa propensione a fantasticare. Mi fa evaporare come una bruma sotto il sole. Quando fisso, attraverso le parole, questa mia beatitudine, non posso che giovarne. Perché non provare a fissare, quest’oggi, la mia sofferenza? Perché io soffro, lo sa il demonio per quale motivo, e potrei continuare ad angosciarmi così per molto tempo ancora, senza scoprirne la causa. Abbandoniamo ciò che è vago, sbarazziamoci dell’incoscienza, vediamo di cosa si tratta! Se riesco a esprimerlo a parole, allora esiste; in caso contrario, non è niente e passerà da sé.”

L’aspetto che maggiormente mi ha colpita in queste pagine è l’assoluta incapacità di saper far luce sui propri sentimenti (incapacità consapevole o inconsapevole?), le trame del cuore che si intrecciano a quelle della realtà che investe i personaggi in poetiche immagini e che regalano al lettore pagine suggestive. Lo stile di George Sand è volutamente velato, porta il lettore a partecipare con coinvolgimento all’azione, quasi lo porta a sentire l’impeto di suggerire ai personaggi di aprire gli occhi, mostrare loro ciò che hanno proprio sotto al naso, ciò che è cristallino per lui, ma celato per i protagonisti. Un classico che rispetta una precisa struttura della trama, una scrittura che ho apprezzato e che ho trovato scorrevole, pur mantenendo un livello alto nella forma, forma spesso temuta da chi non è avvezzo a leggere questo genere.

Certo che non vi svelerò se alla fine Pierre riuscirà a comprendere il motivo della sua angoscia, né se sarà in grado di uscire dalla convinzione di essere mediocre e “fuori tempo”, né se acquisterà consapevolezze che ha relegato ad un lontano passato irrealizzabile nel futuro. Non vi dirò nulla circa l’evoluzione del personaggio femminile, ma posso e voglio dirvi con quanta sorpresa abbia accolto questa storia, con quanto entusiasmo io ora offra a Marianne Chevreuse un posto di privilegio, da annoverare tra gli esempi di personaggi femminili di riferimento, in un’ottica di rivoluzione e riscatto del ruolo della donna, soprattutto perché se abbiamo ben presenti il contesto, il periodo storico, la società dell’epoca, ci risulta come straordinario questo far brillare di luce propria e non riflessa un personaggio con le caratteristiche di Marianne. Ed è un aspetto, questo, che mi piace sottolineare e anche più volte.

“Ah! E’ certo un grande piacere quello di sfrecciare velocemente, di fendere il vento e di volare sulla brughiera come una lepre; tuttavia, ce n’è uno più grande che consiste nel poter osservare tutto, andando al passo e fermandosi davanti a ciò che ci piace o ci stupisce. Io amo l’uno e l’altro; quello che conosco e quello che non conosco. Non vorrei imparare niente e vorrei conoscere tutto… oppure, ancora meglio, vorrei sapere tutto per dimenticarlo e ritrovarlo quando ne avessi il desiderio, poiché il poter indovinare rappresenta un sommo piacere e se conoscessi ogni cosa, ne sarei privata.”


Questa edizione italiana di Marianne pubblicata da Robin Edizioni presenta un interessante ed utilissimo saggio introduttivo a cura di Marco Catucci dal titolo Marianne a Nohant (1875-1876), in cui ci viene illustrato un dietro le quinte del romanzo, una serie di aneddoti sulla vita di George Sand, sui luoghi del romanzo, tantissimi particolari e riferimenti anche ad altre sue opere, degli amici letterati e di calibro di cui si circondava, tante curiosità e approfondimenti. Un omaggio ad una scrittrice che merita, ancora oggi, di essere letta e apprezzata.


Una lettura che non potete, quindi, lasciarvi scappare se, come me, amate i classici, oppure se avete voglia di scoprire o riscoprire una buona letteratura.


Grazie, come sempre, per l’attenzione, a presto per una nuova recensione!