RECENSIONE: “L’imperfezione delle madri”, di Marida Lombardo Pijola (La nave di Teseo)

Autrice: Marida Lombardo Pijola; Titolo: L’imperfezione delle madri; Casa editrice: La nave di Teseo; Collana: Oceani; EAN: 9788834601198; Pagine 300; Prezzo: €18,00; Data di pubblicazione: febbraio 2020.


TRAMA

Un romanzo a tre voci e tre cuori, tre protagoniste femminili che raccontano tutta la forza che esplode quando una donna trova il coraggio di andarsi a prendere il futuro che scalpita davanti a lei.
Agata, Angela, Azzurra: nonna, figlia e nipote. Tre donne molto diverse eppure profondamente legate da vincoli e affinità che loro stesse stentano a riconoscere. Deluse, a volte frustrate ma mai arrese, lottano contro pene e fantasmi d’amore in una battaglia che le accomuna anche se su fronti solitari. Agata, la nonna, che dopo il fallimento del suo matrimonio ha avuto un crollo psicologico; Angela, figlia e madre a sua volta, che ha alle spalle una relazione finita e un presente fatto di incontri con sconosciuti online e di una relazione – elettrizzante quanto oscura – con l’ambiguo Piero; infine la più giovane, Azzurra, bellissima e irruenta, egoista e fragile, figlia e nipote, il cui rapporto con Massi naufraga di fronte a impegni e responsabilità mentre l’amica di sempre, Gioia, la sostiene ogni giorno. I destini di queste donne, così autonomi e così profondamente intrecciati anche da alcuni segreti sorprendenti i cui fili si srotolano lungo l’arco di tre generazioni, potranno cambiare solo ricomponendo, come in un mosaico inatteso, i pezzi delle loro vite, quei fili sotterranei che le legano oltre ai più apparenti vincoli famigliari.

RECENSIONE

Come le tessere di un puzzle, ogni evento si è inserito nel ritaglio coincidente, sebbene dal quadro d’assieme mancasse il senso di tutto ciò che a distanza di decenni aveva replicato il medesimo inganno d’amore nella mia vita e in quella di mia madre, e aveva obliquamente sfiorato persino la vita di mia figlia.

Questo libro racconta, scavando oltre la superficie liscia delle cose e dei sentimenti, tre generazioni di donne. Parla di Agata, Angela e Azzurra, legate sia dal sangue sia da similitudini che stentano, fino ad un certo punto, a riconoscere. Sono donne in lotta con loro stesse, con un destino che pensano di non poter cambiare, fino a quando qualcosa, in loro e intorno a loro, irrompe e travolge i margini delle loro certezze, rimestando fragilità, insicurezze, perfino sensi di colpa.

Agata ha vissuto il fallimento del suo matrimonio come una sconfitta personale, una ferita insanabile, un colpo che la trascina fin negli abissi, facendola crollare in una disperazione senza ritorno, subisce un crollo psicologico e si ammala. Da tanti anni si trova in cura presso una clinica specializzata, dove all’inizio cerca di riprendersi attraverso medicine e analisi, e dove conosce un uomo, con il quale inizia una nuova relazione. Ma anche lui l’abbandona.

Angela ha un matrimonio che in realtà non esiste più, tanto forte è l’indifferenza che attraversa le mura di casa e investe Andrea, suo marito, con il quale non ha più alcun dialogo, stimolo, attenzione. L’incomunicabilità, la noia, l’assenza la spingono a cercare un cambiamento, una trasgressione, ad evadere e cercare di sentirsi nuovamente viva, di essere nella posizione di andare a prendersi il futuro. Si iscrive su un sito web di incontri e conosce un uomo, lo incontra e vi si aggrappa, nonostante il suo essere sfuggente, elusivo, che tanto la fa soffrire.

Azzurra è una ragazza di venticinque anni, immatura quasi fosse una adolescente, egoista, aggressiva, ma anche tanto fragile, in fondo. Ha una relazione con Massi, che dichiara di essere innamorato di lei totalmente, ma che poi, davanti alle responsabilità, scappa e la lascia da sola ad affrontare il futuro.

Sta sbagliando? Si sbaglia, può accadere. Gli errori li fa gente che se ne va in giro a viversi la vita invece di aspettarla con le mani in mano, e a spendersi in contanti le emozioni, senza mercanteggiare, pagando il prezzo intero.

Tutte e tre sembra che debbano toccare il fondo per poter ricominciare davvero, per crescere e comprendere cosa sia realmente importante, che forse non è indispensabile avere per forza qualcuno accanto per sentirsi completi, che una donna può bastare a se stessa quando l’amore toglie invece che aggiungere, o che quando l’amore non c’è non occorre accontentarsi di avere accanto a sé un fantasma.

A lungo, leggendo il romanzo, non riuscivo che ad essere una lettrice fredda e distante, perché l’atteggiamento di Angela e Azzurra smuoveva in me una sorta di fastidio, di morale, non provavo empatia perché non accettavo le loro scelte, il loro modo di reagire, di agire, mi opponevo alla deliberata scelta di Angela di intrappolarsi in una relazione poco chiara, al comportamento adolescenziale di Azzurra, fatto di sballo, linguaggio scurrile e totale perdita della realtà. Poi, però, qualcosa è scattato, invece. Poi ho compreso dove volessero portarmi lo squallore e le scelte poco sagge delle donne, poi l’empatia è scattata ed è scattata quando invece di giudicare ho provato ad ascoltare il bisogno d’amore che si nascondeva in quelle azioni, un bisogno fortissimo di sentirsi amate, così disperato tanto da cercarlo con affanno, tanto da ricercarlo ovunque, anche nei posti sbagliati e con le persone sbagliate.

Il fondo di cui parlavo prima, quasi come inevitabile per poter davvero correre a prendersi il futuro che attende, per capire che il presente sprecato a dare amore a chi non lo merita non ce lo restituisce nessuno, toccare il fondo per riuscire a perdonarsi e a perdonare, toccare il fondo per cercare di dare un senso alle assenze. Per colmare un vuoto lungo anni ed anni.

Mi rendo conto che il tempo dell’assenza è stato lungo quanto è lungo il nulla, e adesso non riesco a definirlo, anni, mesi, settimane, non lo so. Il tempo mi si è messo contro. Mi lascia naufragare nel suo spazio liquido. Per me non ha misura. Mi tende agguati, mi sfugge, si burla di me.

L’imperfezione delle madri è un romanzo forte, da alcuni punti di vista anche scomodo, perché rivela senza attenuare ciò che si aprirà ai nostri occhi, perché non ha timore di insinuarsi dentro di noi e rimestare nella nostra coscienza, perché non offre sconti a nessuno, ma insegna che si può sempre ripartire, senza cancellare il passato e i fallimenti, le assenze e i vuoti, si può ricominciare, che non ci deve arrendere. Nonostante la nostra imperfezione, anzi, forze proprio grazie anche ad essa.

Non mi ero arresa, nessuna di noi dovrebbe mai perdere speranza, firmare qualche resa. Mai.

Con straordinaria finezza di stile e un forte taglio psicologico, Marida Lombardo Pijola costruisce un romanzo che racconta di rapporti, di crescita, di tutte le fasi che si attraversano nella vita, del legame madre-figlia, quasi sempre imperfetto come imperfetti sono gli esseri umani, di sentimenti, buoni e malsani. Ma non si limita al racconto, ci conduce nel profondo di una analisi a tratti spietata, a tratti violenta. Tesse un filo sottile, quasi invisibile, ma così saldo da sembrare indistruttibile, destinato a creare una ripetizione lunga anni e generazioni, tenuto da un capo originario, Agata, per poi passare alla figlia, Angela, e arrivare all’altro capo, con Azzurra, in un ritorno, eterno, senza partenze che potrà trovare lo scioglimento solo attraverso una consapevolezza, la consapevolezza di scoprire chi o cosa abbia costruito quel filo, la consapevolezza di concedere il perdono a se stesse e agli altri. E ricominciare.